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Data di pubblicazione:13/01/2005
Fonte:La Stampa edizione di Asti
Titolo dell’articolo:La vita grama dei 4 mila pendolari astigiani: pochi i posti a sedere, ritardi ed altri disagi
Testo dell’articolo:ASTI - Nell’atrio della stazione, sbirciando titoli di giornali, la mente di molti scivola ancora al ricordo del tepore delle lenzuola. Altri, intabarrati nei giacconi, si scambiano sguardi e saluti assonnati. Fuori c’è la nebbia che immalinconisce. Ma solo calma apparente, quella che precede la battaglia, senza esclusione di colpi. Il segnale arriva dall’altoparlante che annuncia l’arrivo del treno: in quel momento migliaia di gambe scattano decise verso il sottopasso che conduce i binari: in agguato, sulla pensilina, ci sono già i più audaci. Scatta così la caccia al posto a sedere che ha le stesse probabilità di successo dell’azzeccare un ambo secco al Lotto. Scene di vita quotidiana che la mattina (ma anche la sera, al ritorno) accompagnano la vita «grama» dei pendolari astigiani. Sono 3500 (1800 gli abbonati) quelli che per ragioni di lavoro o di studio si spostano lungo la tratta Asti-Torino. A questi vanno aggiunti altri 500 viaggiatori diretti nell’Acquese, nell’Alessandrino, ma anche nel Casalese e l’Albese. Qui la rivolta, come è avvenuto invece l’altra mattina ai pendolari della Milano-Torino che hanno bloccato i binari, pare non essere di casa. Qualche mugugno, un comitato costituito qualche anno fa che non aveva avuto seguito. Ma anche se da altre parti si viaggia peggio, i disagi non mancano. «Prima ci chiamavano “passeggeri”, oggi per le Ferrovie siamo diventati “gentile clientela”. Ma, credetemi, il servizio è peggiorato». Parola di Lele Bruzzone, pendolare da 36 anni. Lui, docente di Sociologia, su queste tematiche ad uno studente (capotreno, naturalmente) ha pure affidato una tesi di laurea. «Dalle interviste ai passeggeri ne è uscito un quadro desolante. Peccato che le Ferrovie spendano più in spot che in qualità» dice. Un quadro della situazione lo traccia Enrico Bestente, da 15 anni funzionario di partito a Torino. «Cominciamo con i posti a sedere: ad esempio, per i treni delle 7,11 e delle 7,50 la rissa è sicura. In quello delle 7,19 si trova posto, ma chi sale a Villafranca e Villanova resta in piedi». E tutto questo significa che il treno è arrivato. «Già - sostiene Bestente - perchè i 10-15 minuti di ritardo non mancano mai. Chi ha orari di lavoro elastici non ha problemi, ma gli altri?». Ed una volta seduti, del comfort che si dice? Bestente ride di gusto: «La climatizzazione è scadente, troppo caldo o troppo freddo. D’estate è anche successo che l’aria condizionata abbia smesso di funzionare dopo 10 minuti. Peccato che i finestrini fossero bloccati». E a fare da corollario, vagoni vecchi, porte che non si aprono, sporcizia. Le cose non vanno meglio al ritorno. «Già, io torno a casa alle 18,20 - dice Simona Bertolino, impiegata all’Unione industriale di Torino - ma il treno che riparte da Porta Nuova è lo stesso che arriva da Livorno. Ritardi, sporcizia ed altro». A non lamentarsi è Roberto Biamino, bancario ed ex cestista. «A me sembra che le cose non vadano poi tanto male - sostiene - la nostra è una linea di forte passaggio, nella mia fascia oraria ad esempio si può puntare su tre treni dalle 6,52 alle 7,11. Sì, forse i vagoni sono un po’ sporchetti, ma nell’insieme direi che possiamo accontentarci».

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