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Data di pubblicazione:01/02/2005
Fonte:La Stampa
Titolo dell’articolo:I disagi sui binari visti dall’altra parte: «Un inferno quotidiano anche per noi ferrovieri»
Testo dell’articolo:«Ci starò prima o poi anch’io su quei binari». Con la divisa blu da ferroviere? «Con questa giacca, certo. Quando viaggiano, se la prendono con noi. Ma in fondo chi siamo noi? Quelli che per un piccolo stipendio cercano di muoversi tra le carrozze, calmare gli animi, sentirsi trattare come colpevoli. E subendo la stessa follia di viaggio». E’ una storia strana quella dei «pendolari per dovere», del personale di bordo (come si direbbe in aereo) che gestisce il doppio della capienza di un vagone, tutti furiosi, tutti stanchi, stressati, indignati. Proprio come loro. Viaggiare loro accanto è una sorpresa. A tutti è accaduto di incontrarne uno maleducato, non sempre accade di seguirli in questi striminziti corridoi, ascoltare proteste, insulti, minacce: «E’ strano, vero? Pensavate al controllore che chiede: “Biglietto!”. Quella è l’ultima cosa. Noi siamo pendolari perenni, con gli stessi disagi e il rancore di chi ha pagato un biglietto o un abbonamento. Noi siamo al lavoro per tutti quelli che pagano e che se la prendono con noi, nemmeno fossimo i proprietari della rete». Facciamolo, questo viaggio. Da quando si parte a quando si arriva. E’ davvero un tormento. Lì fumano, là c’è una straniera stravaccata, laggiù tengono i finestrini aperti, non c’è dove sedersi, è possibile che si debba viaggiare in piedi davanti ai cessi con gente che spinge per entrare e uscire. E’ questa la giornata del personale di bordo. Nel settore lavorano circa 100 mila persone. Di queste almeno 25 mila stanno sul treno. Su e giù per le carrozze. «Non trovo dove sedermi». Lo so, siete tanti. «Non mi abbonerò più». Non faccia così signora (perché, se qualcuno ti sente dire che ha ragione, potrà dire che fai pubblicità negativa). Essere spettatori può essere divertente, se non sei il bersaglio innocente di ciò che accade: «E’ colpa mia, se non trovano da sedere. E’ colpa mia, se una prostituta stanca comincia a russare. E’ colpa mia, se il corridoio è intasato di corpi innervositi e battaglieri». Venticinquemila uomini e donne «pendolari per forza o per mestiere», come raccontano loro. E conoscono bene i problemi che creano rivolte: «Torino-Novara-Milano e poi Milano fino a Padova-Venezia, oppure la dorsale dell’Appennino». Sulla base musicale del vagone che suona sui binari hanno racconti stupendi: la donna che dà in escandescenze per trovare la toilette, l’uomo che dà in escandescenze perché non trova la moglie. Ma questo è gioco. Il resto sono 70 chilometri in piedi, ogni tanto un colpo contro un vicino di viaggio e subito il controllo: ci sono il cellulare, il portafogli, le chiavi di casa? Chilometri di controlli inutili (o forse no) e stressanti). Niente di speciale. Quotidianità. E Franco Nasso, responsabile Ferrovieri Filt-Cgil, sintetizza con parole rapide e chiare la situazione: «E’ degrado». Non è una sparata in sindacalese, è un’immagine. Dice Nasso: «C’è una richiesta e c’è l’incapacità di soddisfarla. Per quattro Finanziarie si è allontanato, spostato il problema. Ma sulla linea Torino-Milano-Venezia, come sulla dorsale appenninica, senza un raddoppio sarà così sempre e sempre peggio». Chi lavora in treno e chi protesta sui binari citano una serie di problemi, orari e pulizia in testa. «La pulizia è uno dei principali, quasi fino a star davanti agli orari, considerati ormai fisiolgici», dice Nasso, ma aggiunge: «C’è una statistica delle lamentele e la pulizia sta crescendo come richiesta». E’ colpa anche di chi viaggia. «Parliamo di lunghe percorrenze. Io non dò colpe, dico che è un tema molto sentito. Ognuno fa gli appalti che ritiene e, andando al ribasso, ottiene il servizio che paga». E il resto? «Il resto è il quotidiano. Arrivi in ritardo, c’è ressa, si sale, non c’è dove sedersi, il riscaldamento non funziona, stai gelando in piedi. Se non sarà fornita qualità, sarà sempre peggio. Non è un caso che l’Italia abbia rispetto alla media europea il 50% in meno di traffico su rotaia. Raddoppino dove serve, diano il servizio». E i pendolari stipendiati - quelli che se ne vanno giorno e notte da Torino a Milano con professionisti in crav
atta e «professioniste» in microgonna - lanciano un appello: «Noi siamo come voi. Non prendetevela con noi. Abbiamo gli stessi disagi e per quelli ci battiamo». Lo sciopero previsto per il 10 e l’11 febbraio - garantiscono - non è contrattuale, ma proprio perché si rimetta mano agli investimenti: «Per chi viaggia con una meta e per noi che viaggiamo aspettandoci al ritorno».

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