<< Notizia precedente - Clicca qui per chiudere questa finestra - Notizia successiva >>

Data di pubblicazione:05/05/2005
Fonte:Diocesi di Torino
Titolo dell’articolo:Bra esce dalle sacrestie
Testo dell’articolo:Perché è riportato questo articolo apparentemente «fuori tema»? Perché perfino sul sito della diocesi i collegamenti ferroviari e stradali di Bra con le città limitrofe è definito “miserevole”


Una volta qui le parrocchie non si articolavano per territorio, ma per famiglie. Nello stesso cortile vivevano nuclei appartenenti a Sant’Antonino e altri di San Giovanni o Sant’Andrea. E i relativi preti venivano a benedire o seppellire solo i propri «clienti». È facile immaginare come non mancassero gli incidenti e le sovrapposizioni… Tutto ciò accadeva non nel Medioevo ma fino ad una trentina di anni fa, quando le parrocchie furono riorganizzate su base territoriale: un’operazione che comunque provocò qualche sofferenza, e lasciò qualche nostalgia. Perché Bra è una città moderna e piena di opportunità, in cui tuttavia la presenza religiosa e la partecipazione alla vita ecclesiale continua ad essere molto forte ed esplicita. La frequenza alle Messe domenicali raggiunge il 50%, una quota assolutamente da primato, in diocesi di Torino, per una città di 30 mila abitanti.
Finita l’esperienza delle parrocchie «nominali», l’articolazione della presenza della Chiesa in città rimane comunque molto particolari. A fianco delle due parrocchie (Sant’Andrea – San Giovanni, e Sant’Antonino) operano i frati Cappuccini, e i salesiani. Ancora, il santuario della Madonna dei Fiori, da sempre punto di riferimento religioso per tutta la zona, ha giurisdizione parrocchiale su alcune porzioni di quartiere.

Ben vive rimangono poi le esperienze laicali delle Confraternite e delle congregazioni religiose femminili – quella del Cottolengo prima di tutto: qui il santo nacque e trascorse gli anni dell’adolescenza.

L’Unità pastorale comprende la città intera, insieme con la frazione di Bandito; è ha l’impegno di coordinare l’insieme di queste presenze e dei vari modi di partecipazione, in modo che ciascuna realtà ecclesiale abbia il proprio spazio ma sia anche possibile lavorare insieme senza sovrapporre persone e servizi. Nell’équipe sono presenti i referenti di tutte le Commissioni in cui è articolata la pastorale. Tocca a due preti giovani, don Claudio Maosero e don Gianluigi Coello la responsabilità di guidare le due parrocchie cittadine. Hanno compiuto l’ingresso insieme e vivono nella stessa casa, proprio per costituire un nucleo anche visibile di comunità. La realtà delle parrocchie rimane distinta, anche se da molto tempo una serie di iniziative viene gestita insieme da tutte le comunità religiose. Estate Ragazzi, per esempio: 514 iscritti da tutta la città, un unico corso di formazione per gli animatori, preparato e realizzato insieme dalle parrocchie e dai Salesiani. Anche i campi estivi sono interparrocchiali, organizzati dall’intera Unità pastorale; e nell’équipe la commissione Catechesi è guidata da don Augusto Motta, il salesiano responsabile dell’oratorio.

I giovani, diversamente da quanto accade in altre realtà della diocesi, sono presenti nelle parrocchie e in oratorio, partecipano attivamente alle iniziative: «a Colonia ci saranno cento braidesi per la Gmg – dice don Masoero, che quand’era viceparroco a Beinasco aveva guidato una comitiva folta alla Giornata di Toronto – Contiamo che quell’esperienza serva per costruire conoscenza e amicizia, e che i ragazzi rafforzino la loro capacità di fare gruppo, la voglia di ritrovarsi, al di là delle appartenenze a questa o quella parrocchia». L’oratorio di Sant’Andrea è stato riaperto e potenziato di recente, e viene gestito da «ex giovani», ragazzi che ora hanno messo su famiglia, hanno bambini piccoli: sono quelli cresciuti qui dieci o quindici anni fa, tornati per continuare a rimanere insieme e mettersi a servizio della comunità; anche questa è un’esperienza che sta riprendendo quota, a Bra come in altre parti della diocesi. All’ultimo pranzo organizzato in oratorio hanno partecipato 270 persone tra famiglie, bambini, anziani. È stato necessario, ricorda il parroco di Sant’Andrea, alzare un tendone in cortile per accorglierli tutti. I gruppi di famiglie sono 15, con circa 300 persone coinvolte direttamente nelle attività (preghiera, formazione, campi estivi, animazione in oratorio). C’è un terreno comune di incontro anche con i Focolari che curano l’animazione di Villa Moffa, la casa di spiritualità orionina di Bandito.

La presenza della Chiesa in città si percepisce fisicamente, sia per l’abbondanza di edifici religiosi sia perché ci si accorge di come attività e proposte siano «in circolo», nello stesso discorso pubblico di Bra. «Ogni domenica – ricorda il priore di Sant’Andrea – in città si celebrano 43 Messe, e si distribuiscono 7 mila comunioni. Ci sono cento ministri straordinari per la comunione ai malati. Adesso si sperimenta anche il ‘catechismo domenicale’, un’ora di incontro prima della celebrazione». La funzione domenicale continua ad essere, in città, un momento forte di incontro per tutta la popolazione, ed è una realtà di cui gli stessi amministratori pubblici tengono in conto (per altro molti di essi, dell’uno o dell’altro schieramento, provengono proprio dalle realtà ecclesiali, e dunque la loro partecipazione non è certo un «esercizio di visibilità politica»…).

La secolarizzazione non è passata da Bra? Non esattamente: ma qui, al confine fra realtà molto diverse, la gente ha saputo mantenere un equilibro significativo tra la propria identità, le proprie memorie, e il «nuovo». Oggi Bra è una città estremamente dinamica, in cui praticamente non c’è disoccupazione e dove le occasioni imprenditoriali e di sviluppo sono anche maggiori che ad Alba (l’altro «polo» con cui da sempre ci si confronta). Bra ha un prodotto pro capite (dati 2000) di 21 mila euro. Per fare qualche paragone: a Torino il pil è di 29400 euro, ad Alba 35800; se si guarda alla popolazione attiva, Alba è a 49700 euro, e Bra a 47900; ma i lavoratori attivi sono 21500 abitanti ad Alba, e soltanto 12250 a Bra…

Il futuro che si sta costruendo rimane, però, ancorato fermamente alla terra, e alla realtà specifica di questa zona, che oggi sa valorizzare al meglio la campagna ma che ha mantenuto le abitudini, anche culturali, della città – come accade in altri centri significativi del Piemonte - ad Alba, a Savigliano, a Ivrea… Forse la differenza storica è da ricercare nel fatto che queste terre non hanno dovuto pagare i costi (sociali, ecologici, culturali) dell’industrializzazione di massa, e oggi si affacciano con molte energie e molte idee su un futuro più attento alla qualità della vita e al rispetto dell’ambiente. Gli stranieri (1800 su 29 mila abitanti) sono molti, ma quasi tutti si sono inseriti senza problemi: parecchi, anzi, sono ormai proprietari dell’alloggio che abitano, grazie anche al forte sviluppo dell’edilizia. Trovano casa e lavoro qui molte coppie giovani che lasciano Torino e l’area metropolitana: e insieme alle famiglie emigrano anche le energie nuove di cui, intorno al capoluogo regionale, si sente la mancanza…

Il numero magico della città è 15: 15 chiese, 15 banche, 15 macellerie (perché, accanto alla prosperità economica il culto della buona tavola, e del ritrovarsi a mangiare insieme è il vero punto fermo da queste parti). Qui hanno «inventato» il Roero come terra privilegiata dei prodotti di qualità; qui si sta insediando l’università enogastronomica di Pollenzo. Ma, accanto alle iniziative più vistose, è l’intero territorio che sembra muoversi nella direzione del produrre una ricchezza diffusa, un benessere che non si limita ai guadagni degli stramiliardari. La risistemazione dei collegamenti stradali (tangenziale, collegamenti rapidi con la Torino – Savona e con la futura Asti - Cuneo) dovrebbe migliorare non di poco l’accessibilità. E se i treni non fossero nella condizione miserevole in cui si trovano un po’ in tutta la regione, si andrebbe verso una situazione ottimale.
Un’isola felice? Nessuno si nasconde che, pur nella prosperità i problemi non mancano: povertà, droga, disagio sociale esistono, soprattutto in alcuni dei quartieri nuovi (Bescurone, Madonna dei Fiori) che rischiano di scivolare nel ghetto. La Caritas continua ad accogliere molte richieste, e non sempre si riesce a corrispondere a tutte le esigenze.

C’è però sensibilità e attenzione ai problemi; e la Chiesa si inserisce con le proprie proposte significative di formazione, di preghiera, di servizio. In città operano una quarantina di associazioni di volontariato, e non solo giovanile; gli iscritti al circolo interparrocchiale del pensionati sono 500; e l’anno prossimo la Missione dedicata agli anziani potrebbe essere l’occasione per coinvolgere ancora di più i residenti. Si punterà anche sulle case di riposo, le cliniche, l’ospedale: luoghi in cui è possibile migliorare la qualità della presenza accanto agli anziani, e far incontrare le generazioni diverse.

L’idea è di superare i confini, quella parte di tradizioni che ormai non serve più, e di costruire insieme un’identità di Chiesa più comunitaria. In questa prospettiva una scommessa importante sarà quella del prossimo 29 maggio, quando per la prima volta per la solennità del Corpus Domini si terrà un’unica concelebrazione eucaristica per tutta la città, nel grande piazzale della stazione. «Si tratta – dice don Masoero – di dare un segnale, una proposta: uscire per una volta dalle nostre chiese, e ritrovarci, proporci come Chiesa tutti insieme, anche di fronte alla città».

<< Notizia precedente - Clicca qui per chiudere questa finestra - Notizia successiva >>




Per visualizzare una news, è sufficiente selezionarne il titolo nel riquadro qui sotto:

Visualizzatore news sviluppato dal Comitato spontaneo Pendolari Bra ed Alba - www.pendolaribra.it - www.pendolaribra.altervista.org - pendolaribra@tiscali.it