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Data di pubblicazione:30/09/2005
Fonte:Il Giornale del Piemonte
Titolo dell’articolo:Occupata la stazione, Fiom sotto accusa
Testo dell’articolo:Forse avrebbe anche funzionato. Forse avremmo potuto parlare di sciopero ben riuscito. Forse. Perché di fatto il corteo di ieri dei metalmeccanici è stato un fallimento. E se c’è da puntare il dito contro qualcuno, quel qualcuno è la Fiom, la sigla sindacale che fa capo alla Cgil. Sì, perché non solo i numeri, lotta a parte tra quelli forniti dalle aziende e quelli forniti dai confederali, non sono eclatanti, ma a far naufragare la protesta è stata l’occupazione dei binari di Porta Nuova da parte di qualche centinaio di lavoratori. Un gesto che invece di unire ha avuto l’effetto contrario. La Fiom è stata attaccata senza mezzi termini da Fim e Uilm che hanno giudicato l’occupazione dei binari un gesto irresponsabile e deleterio alla causa.
Andiamo con ordine. Centinaia di metalmeccanici piemontesi, 15mila per i sindacati e 6mila per le Forze dell’ordine, ieri mattina sono scesi in piazza per la manifestazione regionale promossa dai sindacati di categoria a sostegno del rinnovo del bienno economico del contratto scaduto da nove mesi (la manifestazione interessa in Piemonte circa 300mila addetti e i sindacati chiedono un aumento salariale di 105 euro al mese più 25 per chi non il contratto integrativo. La proposta di Federmeccanica è di 60 euro). Ad aprire il corteo che dall’Unione industriale ha raggiunto piazza Castello lo striscione «Contratto 2005. Più salario, più diritti, più occupazione». A metà mattina, però, un gruppo di metalmeccanici che stava partecipando alla sfilata si è sganciato e si è diretto a Porta Nuova occupando i binari della stazione. Un’iniziativa condivisa dal segretario provinciale della Fiom, Giorgio Airaudo, ma aspramente critica da Fim e Uilm. «Con questa iniziativa - ha sottolineato Airaudo - i lavoratori hanno voluto dire all’opinione pubblica che il loro salario merita la stessa attenzione che è stata dedicata quest’estate alle squadre di calcio di serie A, B e C. Il conto va a Federmeccanica che deve assumersi la grave responsabilità di aver drammatizzato un confronto che si potrebbe risolvere come è stato fatto per altre categorie, dagli alimentaristi alla scuola, allargando i cordoni della borsa». La Uilm, invece, parla di grave errore politico e la Fim di un gesto che indebolisce la lotta. «Un pessimo atteggiamento e un grave errore politico - commenta Maurizio Peverati, segretario della Uilm piemontese -. La Fiom ci aveva dato garanzie di controllore i suoi iscritti, ci siamo sentiti presi in giro. È mancato il rispetto delle regole che noi riteniamo prioritario per una positiva conclusione della vertenza». Anche la Fim Piemonte ha preso le distanze. «Comprendiamo la rabbia dei lavoratori - ha sottolineato il segretario regionale della Fim Gianni Vizio - ma condanniamo le forme di divisione che si sono verificate e che rischiano di indebolire la lotta dei metalmeccanici. Forme di lotta estrema sono state fatte quando si trattava di difendere il posto di lavoro ma il rinnovo del contratto non può diventare un problema di ordine pubblico».
Eppoi c’è anche il tradizionale valzer di cifre. I sindacati parlano di un’adesione media in Piemonte del 90 per cento che scende all’80 per cento nel solo stabilimento di Mirafiori. La Fiat replica che l’adesione media nelle fabbriche italiane è stata del 28,5 per cento, mentre a Mirafiori è stata del 13 per cento alle presse e del 25 per cento alle carrozzerie. Nell’ambito delle imprese metalmeccaniche della provincia di Torino riunite da Unionmeccanica, l’unione di categoria delle Pmi del comparto aderenti ad Api Torino, che conta oltre mille e 600 aziende, lo sciopero avrebbe avuto un’adesione media del 22 per cento. «Sostanzialmente - spiega Maurizio Frari, Presidente di Unionmeccanica - lo sciopero nelle piccole e medie imprese è quindi fallito. Il motivo è chiaro: tutti si rendono conto delle difficoltà delle Pmi in questo momento. Non è certo con uno sciopero e con dei cortei che si può pensare di risolvere una vertenza contrattuale e una crisi di mercato così vasta».

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