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Data di pubblicazione:12/10/2005
Fonte:La Stampa edizione di Torino
Titolo dell’articolo:Da Torino a Milano per lavoro, l’azienda li perdona: colpa delle Ferrovie
Testo dell’articolo:L’aneddotica riguardante il nostro sistema ferroviario è ormai un capitolo a sé stante nel quadro dell’attuale «caso Italia». E se pare lecito dissentire dalle affermazioni della Banca Mondiale, secondo cui oggi come oggi sarebbe più facile «fare impresa» in Zambia piuttosto che nel nostro paese, è anche vero che non di rado basta salire su un treno di quelli che attraversano la penisola per sentirsi proprio come in Africa. Il capitolo zecche, pulci e parassiti vari è balzato di recente all’onore delle cronache, oltre che addosso ad alcuni viaggiatori. E però, com’è noto, quando ci si avventura lungo le nostre strade ferrate non si tratta solo di fare i conti con l’eventualità di dover fronteggiare bande di parassiti più o meno virulenti. Ci sono anche, come riportato da puntuali e diffuse testimonianze, le toilette spesso inutilizzabili e quasi sempre maleodoranti, talvolta non a fine tratta ma prima ancora di lasciare la stazione di partenza. E poi i vetri dei finestrini appannati dalla sporcizia. E ancora i contenitori dei rifiuti strabordanti delle testimonianze dei viaggi altrui. Per tacere delle condizioni in cui versano i sedili delle carrozze di seconda classe, che a questo punto non vale quanto la vecchia terza dei nostri nonni: in certi vagoni sono talmente incrostati di sporco che il colore originale della stoffa che li riveste non si vede letteralmente più. Insomma: la prima cosa a cui pensa un viaggiatore anche non igienista non appena scende da un treno è cambiarsi d’abito e farsi una doccia. Ma come sanno tutti i pendolari, l’aneddotica delle nostre mirabolanti ferrovie è fatta anche dei quotidiani ritardi, soprattutto quelli dei treni utilizzati dai pendolari medesimi. E si arricchisce ora di un nuovo caso: quello dei dipendenti del vecchio negozio Ricordi, oggi in via di ristrutturazione per diventare un «megastore» targato Feltrinelli. In attesa della fine dei lavori, e di poter tornare al vecchio posto di lavoro, i dipendenti dell’ex Ricordi sono stati smistati dalla Feltrinelli in diversi punti vendita. Alcuni di loro sono finiti a Milano, nelle librerie della casa editrice di Via Andegari. E tra le clausole del loro contratto hanno chiesto (e ottenuto) l’inserimento di un paragrafo extra, grazie al quale chi entra al lavoro dopo l’orario previsto non deve risponderne ai superiori ed è in ogni caso giustificato, stante la smodata propensione al ritardo dei treni operanti sulla tratta Torino-Milano. Così, se da un lato ci si rallegra per la comprensione dimostrata dall’azienda milanese, dall’altro si è costretti a prendere atto che la Banca Mondiale non era poi troppo lontana dalla verità: perché arrivare al lavoro in orario, almeno se si viaggia in treno, è un’impresa senz’altro più facile in Zambia che in Italia.

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