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Data di pubblicazione:16/01/2006
Fonte:La Stampa
Titolo dell’articolo:La vita rubata dai treni.
Testo dell’articolo:Ferrovie nel caos. Uno dei leader della protesta, tecnico informatico, registra sul computer attese e tempi di viaggio
MILANO - L’uomo al quale Trenitalia sta rubando la vita si è armato di un orologio per scandire gli attimi di questo furto impunito. «Da due anni conto le ore che passo in treno. Quelle dovute per andare e venire tra Bergamo a Milano e le altre, quelle che si prendono per i ritardi», racconta Renzo Belussi, tecnico informatico in una grande banca di Milano, casa a Bergamo e mezza vita passata su questi binari che oramai conosce centimetro dopo centimetro, attimo dopo attimo. Come tutti i pendolari, da otto anni la sua vita è cronometrata come un orario ferroviario: alle 6 e 58 prende il diretto 2614 che dovrebbe arrivare in Centrale alle 7 e 50, alla sera sale sul diretto 2629 che parte alle 18 e 20 e dovrebbe arrivare alle 19 e 07. «Per fare 56 chilometri ci vogliono più o meno cinquanta minuti. Ma non bastano mai...», e guarda alla sua agenda con i numeri incolonnati, le ore di una vita che non gli appartiene. «Nel 2005 sono stato ospite delle ferrovie per 427 ore e 10 minuti, quasi 18 giorni contando anche le notti, 53 giornate lavorative. Solo di ritardi mi hanno preso 57 ore e 36 minuti, due giorni abbondanti, ben più di una settimana di lavoro. Ogni ritardo devo però recuperarlo in ufficio, quindi vale doppio: fanno quasi cinque giorni di vita, e tre settimane di lavoro».

Il costo sociale? Enorme.
Non c’è rabbia nella sua voce quando snocciola i calcoli della sua vita che un po’ se ne va. E però nemmeno rassegnazione. Solo non riesce a capire come sia possibile che nessuno dica niente, faccia niente o trovi una soluzione a questo sperpero di tempo che svapora sui tabelloni elettronici delle stazioni. «Il costo sociale è enorme. Sul mio treno viaggiano mille persone, fanno 57 mila ore di ritardi all’anno, come se una persona sola buttasse via trent’anni di vita lavorativa. Se poi conta che i pendolari in Lombardia sono 250 mila, più del doppio degli abitanti di Bergamo, fa presto a fare il calcolo...». Lo facciamo noi: fanno 7500 anni di lavoro, un salto indietro da oggi all’età della pietra. «Tutto tempo rubato. Tempo disponibile per il lavoro, la famiglia, la vita privata, che viene sperperato senza alcuna giustificazione plausibile, a volte senza giustificazione e basta», si rammarica questo analista di software, abituato alla precisione dei computer, al rigore della numerazione binaria e da due anni alle prese con altri binari di solido acciaio e gommosa gestione. «È stato un caso, che io abbia iniziato a calcolare i ritardi. Dopo una riunione con i vertici di Trenitalia del comitato dei pendolari di Bergamo di cui faccio parte. Noi di www.quellideltreno.com non eravamo convinti delle cifre che ci erano state fornite. I miei colleghi mi hanno incaricato di prendere nota. Non mi sono più fermato».

Gli sms inutili
Renzo Belussi ha riempito due agende e un paio di schermate di computer. «Guardo il mio orologio. E confronto gli orari con i tabelloni in stazione, alla partenza e all’arrivo. Anche se a volte è difficile non ridere...», racconta con la sottile perfidia di chi ha messo un dito nell’ingranaggio e ha scoperto l’impossibile: in ogni stazione ci sono tre cartelloni che registrano gli orari dei treni, ci sono i tabelloni centrali, quelli in testa ai binari e i monitor disseminati qua e là. «Ogni pannello risponde a un diverso sistema informatico. Ma i sistemi non sono compatibili. Quindi non ci si può fidare. Meglio l’sms che ci mandiamo tra noi pendolari... Così se un treno è troppo in ritardo, possiamo scegliere percorsi alternativi». Da qualche anno Trenitalia ha istituito il servizio sms-to-go. È gratuito. Dovrebbe avvertire gli abbonati dei ritardi, ma serve a poco. «In un mese ricevo sì e no dieci messaggini. Spesso solo per avvertirmi che il treno su cui viaggio è in ritardo. A cosa mi serve saperlo, dopo che sono partito?», la domanda legittima di questo viaggiatore quotidiano, alle prese con un orario ferroviario che tutti paragonano al sudoku anche se è molto meno divertente del gioco giapponese dove si incrociano numeri, mica binari. «Il fatto è che la gestione del servizio è troppo frammentata. Trenitalia si occupa del materiale rotabile, Rfi delle linee e Centostazioni dei caselli. Ogni struttura ha poi sette livelli decisionali. Ha presente che cosa può succedere in caso di emergenza? Ma non c’è solo un problema gestionale. C’è un problema politico. Mancano gli investimenti, si fa l’Alta velocità e si dimenticano le linee dei pendolari. A volte penso che abbiano ragione i miei figli: quando vengono a Milano spesso prendono la macchina e dicono che sono uno sfigato. Ma in questo mondo così tecnologicamente avanzato, a parlare di treni sembra di tornare alla preistoria».

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