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Data di pubblicazione:14/02/2006
Fonte:Gazzetta d’Alba
Titolo dell’articolo:Levaldigi: perseverare è diabolico
Testo dell’articolo:Da quando, nella primavera dell’88, con il primo tentativo di volo giornaliero su Linate, l’aeroporto di Levaldigi è diventato il vanitoso sogno di una provincia che si reputava negletta e abbandonata, i nostri enti pubblici, ma anche qualche privato, hanno posato su quella pista la bellezza di quasi 90 miliardi di lire.

Questo fino al 2004, con una girandola di decolli che regolarmente dopo qualche mese si interrompevano per carenza di passeggeri e con una progressiva e precipitosa fuga di quanti incautamente si erano lasciati tentare dal sogno.

Nel 2005 a tenere aperta la struttura per qualche sporadico volo charter sono rimaste l’Amministrazione provinciale, la Regione e la Camera di commercio, a cui, obtorto collo, sono stati associati i Comuni delle "sette sorelle" della Granda. Nel bilancio annuale redatto lo scorso dicembre la società areoportuale ha presentato un conto in rosso di quattro milioni di euro che andavano ad aggiungersi al pesante debito pregresso di quasi 15 milioni.

Con il nuovo anno i soci rimasti si sono ritrovati un’altra volta davanti al dilemma se ripianare il buco di 4 milioni, aggiungendone altri 4 per permetterne la sopravvivenza per un altro anno, oppure abbandonare la partita e accondiscendere all’istanza di fallimento, nel frattempo presentata al Tribunale di Saluzzo da una delle tante ditte che vantano crediti dalla società aeroportuale.

È di questo che s’è discusso per circa tre ore lunedì 6 febbraio in Consiglio provinciale a Cuneo; una discussione travagliata, con insolite e significative assenze di consiglieri, e che si è conclusa con una decisione tanto sibillina da far invidia agli antichi oracoli greci: la Provincia «ritiene di potersi impegnare a sottoscrivere» per la sua quota parte (2,4 milioni di euro) il ripianamento del buco, a patto che lo decidano e lo facciano tutti gli altri soci. Un modo un po’ farsesco di augurarsi che qualche socio abbia il coraggio di tirarsi indietro. Alcuni giorni prima una formula analoga era stata adottata dalla Camera di commercio; il giorno dopo al Consiglio comunale di Cuneo è stato approvato a maggioranza un ordine del giorno che ribadisce lo stesso concetto. Ora la palla è nelle mani degli altri sei Comuni.

Andrà a finire che tutti si esprimeranno nello stesso modo, con la quasi matematica certezza che tra un anno il dilemma si riproporrà negli stessi termini, avendo però buttato in quel pozzo altre risorse, tanto preziose quanto magre?

Che Levaldigi sia un pozzo senza fondo non è solo la storia di 18 anni a evidenziarlo: è anche il business plan redatto a dicembre dall’ennesimo consulente chiamato al capezzale della struttura. Uno stringato e illuminante piano la cui lettura da parte dei cittadini sarebbe quanto mai raccomandabile; in esso, dopo aver constatato che il bacino di utenza è assai esiguo, si prevede che il nostro aeroporto nei prossimi anni funzioni essenzialmente come punto di raccolta di passeggeri che, dopo aver parcheggiato e fatto il chek-in a Levaldigi, salgano su appositi pulmini e vengano trasportati a Caselle per i vari imbarchi.

È credibile che albesi, braidesi, o saluzzesi possano accettare di recarsi a Levaldigi, per poi su un pulmino essere portati a prendere l’aereo a Torino, sapendo tra l’altro che la stazione ferroviaria, appena costruita a Caselle per le Olimpiadi, sarà quanto prima regolarmente collegata alla rete ferroviaria del Lingotto?

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