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Data di pubblicazione:22/11/2006
Fonte:La Stampa
Titolo dell’articolo:Treni pendolari
Testo dell’articolo:Milano-Lecco: 50 chilometri che i pendolari del treno percorrono in un’ora e 39 minuti (quando non ci sono ritardi) alla briosa velocità di 30,3 km/h; se il passeggero è bene allenato, in bicicletta farebbe prima (stiamo forzando il ragionamento, è ovvio, però i crudi numeri sono numeri). Albano Laziale-Roma: 29 chilometri in 49 minuti, cioè 35,5 km/h. Aversa-Napoli: 19 chilometri in 25 minuti, cioè 45,6 km/h. Da queste cifre, tratte da uno studio di Legambiente diffuso ieri, esce una sola sorpresa positiva: smentendo i pregiudizi, man mano che ci si sposta da Nord a Sud i treni locali si fanno più veloci. Ma in genere non c’è da urlare dalla gioia e anzi in certi casi c’è persino di che occupare i binari per la rabbia, come hanno fatto lo scorso inverno i pendolari della Novara-Milano, cioè del tratto di rete italiana che fra ritardi, guasti, affollamento e sporcizia registra il più altro tasso d’insoddisfazione dei viaggiatori (il 96%, dice Altroconsumo).
Il rapporto di Legambiente dice che nelle principali stazioni italiane fra le 8 e le 10 risulta in ritardo il 53% dei treni. Colpa della pochezza delle risorse, ma in più lo studio segnala un deficit culturale da parte di politici, amministratori e manager che si occupano di trasporti: «Paradossalmente - si legge - il problema del trasporto pendolare è che spesso gli interventi che potrebbero migliorare il servizio costano troppo poco, perché muovono tecnologie di gestione invece che calcestruzzo e quindi sono poco appetibili per i concessionari e i general contractor»; in sostanza, secondo Legambiente la scusa che i soldi sono scarsi non sempre regge, nel senso che sono scarsi davvero ma anche quando sono disponibili pare non ci sia motivazione a spenderli in cose che non producono cantieri. Un’indicazione da meditare.
In Italia chi fa il pendolare in treno soverchia chi percorre lunghe distanze nella proporzione è di 8 a 1; nella prima categoria stanno un milione e 600 mila persone al giorno e nella seconda solo 200 mila. Ma gli investimenti non corrispondono affatto a questi numeri. Su 6 miliardi di euro che le Fs intendono destinare alla modernizzazione ben 3,5 andranno all’Alta velocità, 1,4 alla rete ordinaria, 500 milioni alle convenzioni e 700 milioni alla ricapitalizzazione di Trenitalia. Il governo e le Fs negano, però, che dietro a questa suddivisione delle poste ci sia disinteresse per i pendolari. «Il ministro Bianchi ha insistito perché la Finanziaria prevedesse 300 milioni per il trasporto locale, anche ferroviario, in co-finanziamento con gli enti territoriali» dicono dall’ufficio del titolare dei Trasporti «e quanto alla Tav, è evidente che costruirla ex novo costa un sacco di soldi, ma poi ne beneficeranno tutti i treni, perché quelli veloci saranno spostati sulla nuova rete e decongestioneranno quella ordinaria». Le Ferrovie, controllate dal Tesoro, lamentano che «nel 2006 su 6 miliardi chiesti sono stati erogati solo 315 milioni e con questo dobbiamo fare i conti». Per le Regioni, l’assessorato ai Trasporti del Piemonte segnala che «gli sforzi nelle grandi infrastrutture rientrano in un piano di rilancio economico» e che la tutela dei pendolari si traduce in «frequenti multe alle Fs per i disservizi». Tutti gli enti pubblici respingono l’accusa di dare più attenzione alle autostrade che ai binari e affermano che è indispensabile occuparsi di entrambe le cose connettendo una rete di trasporto con l’altra; anche Legambiente dà risalto alla «intermodalità» e non solo a livello dei massimi sistemi (snodi di interscambio fra camion e ferrovie ) ma anche nella vita quotidiana: la richiesta è di realizzare vicino alle stazioni delle Fs grandi parcheggi per auto, moto e bici. Se non altro, ieri l’ad delle Ferrovie, Mauro Moretti, ha detto che «i biglietti dei treni locali e regionali non aumenteranno» mentre potranno esserci rincari «a partire dal 3%» dagli Intercity in su. Non ci saranno gli aumenti del 20% per tutti che si era temuto fossero in arrivo.

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