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Data di pubblicazione:22/11/2006
Fonte:La Stampa
Titolo dell’articolo:“I rami secchi se li paghi lo Stato”
Testo dell’articolo:Da una parte il buco nei conti, dall’altra il prezzo dei biglietti inchiodato da cinque anni. Infine le crociate contro gli aumenti e il punto interrogativo degli investimenti, essenziali per il rilancio di un’azienda in crisi profonda. La cabina di guida delle Ferrovie scotta come una graticola: il presidente Innocenzo Cipolletta ci lavora da un paio di mesi.

Professor Cipolletta, il bilancio è in rosso per quasi due miliardi ma appena avete parlato di ritoccare le tariffe s’è scatenato il finimondo. Come si rimedia?

«Non è soltanto questione di tariffe, il problema è più ampio e riguarda tutto il sistema del trasporto ferroviario. Comunque sia, i prezzi vanno aggiornati: i costi non sono più quelli del 2001. E bisogna ragionare sulle linee economicamente insostenibili, quelle che non garantiscono passeggeri a sufficienza per ripagare i costi d’esercizio».

I famigerati rami secchi: il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi dice che cercherà fondi per le Ferrovie a patto che non siano tagliati.

«Il ministro ha le sue ragioni, ma anche noi abbiamo le nostre».

Proviamo a conciliarle. Almeno sulla carta.

«Il governo non è solo l’azionista. Da quando le Ferrovie non sono più un ente pubblico, lo Stato è il principale cliente. Le Fs sottoscrivono un contratto di servizio impegnandosi a garantire il servizio su gran parte delle tratte, quelle in convenzione, in cambio di una certa cifra».

Fin qui sembra lineare.

«Però con la Finanziaria dell’anno scorso il governo ha tagliato i trasferimenti alle Ferrovie del 30 per cento. In un rapporto tra privati l’azienda avrebbe tagliato nella stessa misura il servizio».

Via un treno su tre: sarebbe una rivoluzione.

«Infatti. Le Ferrovie si sono prese la responsabilità di continuare a far circolare i treni in perdita. I risultati di bilancio, dopo anni di tagli, non devono meravigliare».
Insomma: le carte cambiano sul tavolo quando il gioco è già cominciato. «E poi si pretende che l’azienda copra i costi: impossibile, a queste condizioni. Ci sono delle regole e noi le rispettiamo, mi aspetto che il governo faccia altrettanto. Abbiamo avviato la revisione delle tariffe solo sulle linee non coperte dalla convenzione, l’alta velocità e le lunghe percorrenze. Il contratto da parte nostra è rispettato».
Visti i numeri, però, gli aumenti non arriveranno mai a colmare il passivo. «I prezzi vanno senz’altro ritoccati per tenere il passo con l’aumento dei costi, ma risanare i conti è tutt’altra fatica. Serve lo sforzo di tutti: questo è l’impegno che chiediamo al governo, se vogliamo un servizio degno d’esser di un Paese europeo».

I conti dello Stato non sono granché. Anche da quella parte sembra che non ci si possa aspettare molto.

«Capisco anche questo. Infatti prima di prendere impegni leggeremo attentamente la Finanziaria. Quando sapremo quali sono le risorse disponibili, diremo quel che possiamo offrire in cambio presentando il piano industriale. Per questo chiediamo chiarezza sul capitolo investimenti: bisogna costruire linee, ponti e gallerie, c’è l’alta velocità da completare, tutti strumenti che contribuiscono allo sviluppo dell’azienda. Alle Ferrovie tocca il lavoro di ingegneria e la gestione, ma queste sono opere pubbliche: la realizzazione tocca allo Stato, se vuole che il trasporto resti al passo con i tempi deve realizzarle. La qualità del servizio comincia di lì, si costruisce nel tempo investendo».

I sindacati lamentano problemi di sicurezza.

«A me risulta che il livello della sicurezza sia adeguato. Comunque sia, sono entrato in azienda da poco: senz’altro sono disponibile a migliorare tutto il migliorabile. Ad oggi però sono più preoccupato dall’igiene delle carrozze e dalla puntualità».

E i rami secchi?

«Quella è una scelta politica. Tanti passeggeri, tanti mezzi, tante corse: il calcolo costi-ricavi si fa in fretta. Se lo Stato cliente vuol comperare da noi quel servizio, dovrà anche ragionare su come pagarlo. L’essenziale è che non pensi di scaricare il passivo nei conti delle Ferrovie».

In Germania e in Francia il treno costa quasi il doppio. Le sembrano pensabili in Italia tariffe analoghe, come potrebbero prenderla gli utenti?

«Quando avremo un servizio di qualità paragonabile alla loro, perché no? A quelle condizioni potremo fare anche di più: per esempio andare in Francia e in Germania a far concorrenza ai loro treni, trovando nuove opportunità per crescere. Esattamente come loro possono venire in Italia. La differenza tra ente pubblico e società per azioni sta tutta qui. Io guido una società».

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