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Data di pubblicazione:24/12/2006
Fonte:La Voce d’Italia
Titolo dell’articolo:Il disastro delle Ferrovie dello Stato: una sterminata galassia di società operative e di sigle sindacali alla base del dissesto del gruppo guidato da Elio Catania. Tra disservizi, ritardi e stipendi d’oro, le ferrovie deragliano verso il fallimento
Testo dell’articolo:Le Ferrovie dello Stato hanno compiuto un vero e proprio capolavoro moltiplicando le società operative. Le principali sono Trenitalia e Rfi, ma, dietro a queste, si nasconde una galassia di decine di altre società e di partecipazioni rilevanti.
Trenitalia, con i suoi 54.000 dipendenti, è la società di trasporto del Gruppo Ferrovie dello Stato.
Il disastrato bilancio 2005 di Trenitalia ha registrato ricavi per 5 miliardi di euro (1 miliardo di euro di crediti verso lo Stato derivanti dal contratto di servizio, principalmente, degli anni 2002, 2004 e 2005 non incassati), debiti per oltre 7 miliardi e 300mila euro, ed un passivo di oltre 11 miliardi e 300mila euro. I costi di produzione, rispetto al 2004, sono aumentati del 14%, incidendo in maniera significativa sulla perdita di esercizio di oltre 631 milioni e 698mila euro.
Rfi, Rete ferroviaria italiana, è la società dell’infrastruttura del Gruppo Fs, che garantisce la sicurezza della circolazione ferroviaria sull’intera rete, sviluppa tecnologia dei sistemi e dei materiali ed assicura il mantenimento in efficienza della rete stessa.
Costituita il 1° luglio 2001, a conclusione del processo di riorganizzazione del Gruppo Ferrovie dello Stato iniziato, per rispondere alle direttive comunitarie, nel 1998 con l’istituzione della Divisione infrastruttura, e proseguito con la costituzione di Trenitalia il 1° giugno 2000, Rfi è controllata al 100% dal Gruppo Ferrovie dello Stato.
Con i sui 36.000 dipendenti, Rfi gestisce une rete di circa 16.000 km, due terzi dei quali elettrificati, 6.400 km a doppio binario, per un totale di 22.400 km, oltre a circa 2.300 stazioni e fermate, e 500 impianti per il servizio merci, garantendo mediamente l’esercizio giornaliero di oltre 9.400 treni.
Rfi campa grazie all’Atto di concesione rilasciatole dallo Stato italiano per la gestione dell’infrastruttura ferroviaria nazionale. Per fortuna il “contratto di programma” che regola i rapporti tra lo Stato e Rfi individua gli obiettivi e disciplina le modalità di finanziamento dello Stato per la parte relativa all’infrastruttura e per il potenziamento, l’ammodernamento e lo sviluppo delle linee e degli impianti ferroviari, avvalendosi anche di meccanismi di selezione degli investimenti, corredati da valutazioni economico-finanziarie. Per questo il contratto introduce il “dossier di valutazione” quale strumento informativo che permette di valutare, sotto il profilo strategico, industriale ed operativo-economico, i progetti di investimento analizzati dal gestore, nonché di valutarne la redditività e quantificarne i costi e tempi di realizzazione. Evidentemente nesssuno ne tiene conto, visto lo stato catastrofico in cui versa la società presieduta da Rainer Masera.
Rfi partecipa e controlla una piccola galassia di aziende satelliti. E’ azionista della società europea italo-austriaca Bbt, Brenner basistunnel, costituita nel 1999 con lo scopo di rappresentare il soggetto promotore per lo studio e la progettazione della galleria di base del Brennero. Le azioni della società sono detenute per metà da parte italiana (Tfb holding, composta per l’88% da Rfi, 6% dalla Provincia autonoma di Bolzano, e 6% dalla Provincia autonoma di Trento) e per metà da parte austriaca (il 25% è in possesso del governo federale, e il restante 25% dal Land Tirolo).
Per il momento la Bbt è riuscita solo dare lavoro ai due amministratori (uno italiano, ed uno austriaco), a 50 dipendenti (26 a Innsbruck e 24 a Bolzano), e ai 12 membri (sei per parte) del consiglio di sorveglianza.
Poi c’è la Società consortile per azioni Italcertifer (Istituto italiano di ricerca e certificazione ferroviaria), costituita l’11 aprile 2001 con la partecipazione al 33,33% di Rfi. L’attività della società è rivolta alla ricerca ed allo sviluppo tecnologico del sistema ferroviario, alla realizzazione di prove e di sperimentazioni per la certificazione di componenti e sistemi ferroviari nonché al coordinamento dei laboratori dei soci con lo scopo di svilupparli e promuoverli come centri sperimentali.
Fra i progetti realizzati c’è uno studio per analizzare alcune configurazioni sull’attraversamento ferroviario del ponte sullo Stretto di Messina, al fine di confrontarne le caratteristiche prima della scelta progettuale definitiva. Italcertifer, in poche parole, lavora solo per Rfi, grazie al fatto che il suo amministratore delegato Michele Mario Elia è lo stesso della Rete ferroviaria italiana.
La Ltf, Lyon Turin Ferroviaire, società di diritto francese, costituita nell’ottobre 2001, ha invece lo scopo di promuovere la progettazione, gli studi, le ricognizioni ed i lavori preliminari del tratto internazionale della nuova linea ferroviaria alta velocità tra Lione e Torino.
Ltf è una società per azioni semplificata transnazionale. I suoi azionisti in parti uguali sono Réseau ferré de France (Rff) e Rete ferroviaria italiana (Rfi). La sede della Ltf si trova in Francia, a Chambéry e la sede secondaria in Italia, a Torino. Ltf lavora sotto la supervisione della CIG, una Commissione intragovernativa italo-francese creata nel gennaio 1996.
Per finanziare gli studi di progetto preliminare ed i lavori geognostici di Ltf, tra il 2001 ed il 2009 verranno spesi circa 578,6 milioni di euro (l’Italia e la Francia si saranno impegnate per 360,6 milioni di euro; 180,3 milioni per ogni paese). Durante questa prima fase legata agli studi di progetto preliminare ed ai lavori geognostici, l’Unione Europea dovrebbe apportare un contributo complessivo di circa 218 milioni di euro (l´accordo tra il Parlamento ed il Consiglio è atteso per l´inizio del 2007).
Per quanto riguarda il finanziamento proprio dei lavori di realizzazione del nuovo collegamento, l’Italia e la Francia hanno firmato il 5 maggio 2004 un memorandum secondo il quale l´Italia finanzierà il 63% del costo della tratta trasfrontaliera di cui Ltf è il promotore e la Francia il 37% (sull’insieme della linea Torino-Lione, Italia e Francia parteciperanno tuttavia al 50% ciascuna).
Presso la sede principale di Chambéry e quella secondaria di Torino, Ltf impiega poco più di cinquanta persone di nazionalità francese ed italiana in parti uguali. Il direttore generale, Paolo Comastri, è italiano.
Metropark, invece, è la società del Gruppo costituita per realizzare un vasto programma di parcheggi nelle stazioni ferroviarie, mentre la Società elettrica ferroviaria, S.EL.F, ha come oggetto sociale l’attività di trasporto e trasmissione di energia elettrica sulla rete di proprietà, nonché la valorizzazione della rete medesima. La società riceverà da Rfi il conferimento degli elettrodotti ferroviari entrati a far parte della rete di trasmissione nazionale. Costituita il 7 aprile 2000, la S.EL.F. non è ancora operativa.
Più spinoso il problema della Tav (Treno alta velocità), la società controllata da Rfi (oltre che da altre tre società operative del gruppo: Ferrovie dello Stato, Trenitalia e Italfer) per la progettazione e la costruzione delle linee ferroviarie veloci, da costruire lungo le direttrici di trasporto più importanti e sature del Paese: la dorsale Milano-Napoli, la trasversale Torino-Milano-Venezia, il collegamento Milano-Genova. Tav è responsabile di tutte le attività di coordinamento e concertazione con gli enti locali e le istituzioni, nel corso di tutte le fasi progettuali ed esecutive, inoltre cura le politiche ambientali e promuove la salute e la sicurezza del personale coinvolto nei lavori.
Nel bilancio del 2005 la Tav, che impiega solamente 241 dipendenti, e sconta ritardi decennali rispetto agli altri paesi europei nella realizzazione del trasporto veloce su rotaia, ha registrato debiti per oltre 17 miliardi di euro, accumulando un passivo di oltre 24 miliardi.
Un capitolo a parte per la Stretto di Messina SpA, la concessionaria di Stato per la progettazione, realizzazione, finanziamento e gestione del ponte sullo stretto di Messina, progetto faraonico del costo complessivo di 4,6 miliardi di euro, lanciato nel lontano 1968 dall´Anas, ed inserito nella legge obiettivo dal governo Berlusconi nel 2001.
Gli azionisti della Società stretto di Messina, presiduta dall’on. Giuseppe Zamberletti, il cui amministratore delegato è Pietro Ciucci, sono Fintecna, Anas, Rfi, Regione Calabria, Regione Siciliana. Il ponte - progettato per reggere a venti con velocità superiore a 200 km/h, in grado di resistere senza danni ad un sisma corrispondente a magnitudo 7,1 della scala Richter - vanterebbe la campata unica più lungo al mondo (3.300 metri di luce centrale), con un impalcato complessivo di 3.666 metri ed una larghezza di 60 metri; l’altezza delle torri è di 382,60 metri, il diametro dei 4 cavi di sospensione è di 1,24 metri ciascuno, per consentire una portata di 6.000 veicoli l’ora, grazie a tre corsie per ogni carreggiata (la sezione ferroviaria sarebbe invece composta da due binari, con una portata di 200 treni al giorno).
Con il ponte, si sarebbe registrato un risparmio medio di tempo per l’attraversamento di circa 2 ore per i treni, e di 1 ora per il traffico su gomma.
Il progetto, che comprende 20,3 km di raccordi stradali e 19,8 km di raccordi ferroviari, è stato però bloccato dal governo di centrosinistra.
La sterminata galassia di società operative di Rfi comprende anche la Nord est terminal SpA (Net), costituita il 31 luglio 1998 tra il gruppo Ferrovie dello Stato e gli interporti, per la gestione di terminal intermodali nel nordest. La società, con sede a Padova, ha per oggetto la realizzazione, la gestione e l’esercizio di terminali e di centri attrezzati per i trasporti intermodali terrestri, fluviali, marittimi e aerei, la promozione, l’organizzazione e la vendita di trasporti intermodali con mezzi propri e/o di terzi e/o comunque in disponibilità, anche mediante l’esercizio diretto d’impresa di trasporto ferroviario o stradale, l’acquisto, la vendita, il noleggio, il deposito, la costruzione, la riparazione e la manutenzione dei mezzi e delle attrezzature di qualunque natura per i trasporti intermodali, lo svolgimento di tutte le attività affini e di logistica direttamente o indirettamente connesse con lo scopo sociale.
A otto anni dalla sua costituzione, Net gestisce solamente i terminal degli interporti di Bologna e Padova, oltre ad un terminal a Brescia e uno a Verona Porta Nuova. Con il processo di riconfigurazione del modello organizzativo di gestione dei servizi all’interno degli impianti merci, in ottemperanza all’attuale normativa, Rfi, in data 18 novembre 2005, ha acquistato da Cargo SpA il pacchetto azionario di Net SpA e ne detiene attualmente il controllo con il 51% (il 19% del capitale è nelle mani dell’Interporto di Padova ed il 15% è in possesso dall’Interporto di Bologna, mentre il restante 15% è del Consorzio ZAI - Interporto Quadrante Europa di Verona)). Intanto eroga gettoni di presenza ai 7 membri del consiglio di amministrazione, ed ai 3 membri effettivi e due supplenti del collegio sindacale.
Naturalmente, all’interno del Gruppo, non poteva mancare una società per la gestione del patrimonio immobiliare: la Ferrovie real estate. Nata il 23 ottobre 2003 con scissione parziale del patrimonio dalla Rete ferroviaria italiana (Rfi), con lo scopo di riqualificare, valorizzare, ristrutturare, costruire ed effettuare compravendita di beni immobili, e di occuparsi della loro gestione e manutenzione, Fre si è occupata dei progetti di vendita relativi ai “Palazzi Alti” (le torri adiacenti la stazione di Milano – Porta Garibaldi), e la c.d. “Operazione pacchetto a reddito”, concernente la cessione di 55 immobili locati a società del Gruppo FS, perfezionate, nel corso del 2005.
Per l’anno 2005 la composizione del portafoglio in vendita ha interessato circa 450 immobili e 2.500 alloggi, per un valore di mercato totale pari a 700 milioni di euro.
I 50 dipendenti di Ferrovie real estate, nei primi due anni di attività, sono stati impegnati a vendere immobili (nel solo 2004, circa 112 compendi immobiliari e 900 alloggi, per un totale di 500 milioni di euro).
Grandi Stazioni (che ha chiuso il bilancio 2005 con 73 milioni di capitale, 83 di patrimonio netto, e 83 milioni di indebitamento) è stata invece costituita per gestire solamente 16 stazioni, ed è controllata al 60% da Ferrovie delle Stato e al 40% da Eurostazioni SpA di cui fanno parte Edizione holding SpA (Gruppo Benetton) con il 32,71%, Vianini Lavori SpA (Gruppo Caltagirone) con il 32,71%, Pirelli & C. SpA(Gruppo Pirelli) con il 32,71%, e Sncf Partecipations SA (Société Nationale des Chemins de Fer) con il restante 1,88%.
Nata nel 1996 come Termini SpA, con l’obiettivo di riqualificare la stazione di Roma Termini, Grandi Stazioni cambia denominazione nel 1998. Nel 2000 le Ferrovie dello Stato cedono il 40% del capitale di Grandi stazioni SpA alla cordata Eurostazioni SpA, affidandole, con un contratto quarantennale, la gestione integrata delle maggiori stazioni ferroviarie italiane.
Attualmente Grandi stazioni detiene anche il 100% di quattro società di recente costituzione: Grandi stazioni servizi Srl (che si occupa di gestione dei servizi igienici e dei depositi bagagli nel network), Grandi stazioni immobiliare Srl (il cui core business è la valorizzazione degli immobili di proprietà), Grandi stazioni edicole Srl (la cui mission aziendale sarebbe la gestione diretta e creazione di un network di edicole), e Grandi stazioni pubblicità Srl (che dovrebbe occuparsi della valorizzazione dell´asset pubblicitario). Peccato che Centostazioni abbia pubblicato sulla gazzetta ufficiale delle Comunità europee un bando per l’affidamento in esclusiva del servizio di gestione pubblicitaria, comprendente la gestione e la manutenzione degli spazi e degli impianti esistenti, la realizzazione di nuovi impianti destinati allo sfruttamento di pubblicità commerciale, nonché interventi migliorativi della qualità degli attuali impianti, nell’ambito dei fabbricati di 103 stazioni ferroviarie italiane.
Inoltre, detiene il 51% di Grandi stazioni Ceska Repubblica Sro, avente lo scopo di riqualificare della principale stazione di Praga e altre due stazioni nella repubblica Ceca.
Tra le ultime scatole costituite dale Ferrovie dello Stato, Centostazioni è un´azienda operativa dall’aprile 2002, nata dalla partnership tra il Gruppo Ferrovie dello Stato e la società privata Archimede 1. Quest’ultima risulta essere controllata per il 60% da Save SpA (Società aeroporti di Venezia e Treviso), per il 21% da Manutencoop, per il 15 dalla Banca popolare italiana, e per il restante 4% dalla Pulitori ed affini SpA.
La sua missione è riqualificare, valorizzare e gestire 103 complessi di stazione secondo un piano finalizzato alla creazione di un nuovo concept di stazione, perseguendo l’obiettivo finale della soddisfazione dei 500.000 clienti/utenti annuali. Come pensa Centostazioni di realizzare questo obiettivo? Semplicemente privilegiando il concetto di piazza rispetto a quello di attraversamento, concentrando i flussi verso le aree commerciali e di servizio (“aree calde”), delocalizzando tutte le altre attività nelle aree fuori flusso (“aree fredde”), affidando in global service i servizi integrati agli immobili (manutenzioni, pulizie ed altri), ed avviando iniziative speciali mirate al miglioramento della “vita di stazione” .
L’ultima nata è la Finanziaria delle Ferrovie dello Stato, costituita con lo scopo di erogare servizi creditizi (factoring, leasing, e credito al consumo) .
Ferservizi è la società che si occupa di property management, gestendo 23 miliardi di euro di beni immobili (151mila terreni e 85mila fabbricati, in 3000 comuni), pari a circa il 95% del patrimonio totale del Gruppo, con 16mila chilometri di linee ferroviarie, con relativi 32mila km di confine, concordando il piano di dismissione del patrimonio immobiliare non strumentale con le societa clienti Ferrovie real estate e Rete ferroviaria italiana.
Nata nel 1991 con il nome di Metropolis SpA con lo scopo di gestire il complesso patrimonio immobiliare di Ferrovie dello Stato, nel 2002 la società acquisisce dalla capogruppo il ramo d’azienda dedicato alle attività “non core”, aggregando al proprio interno una vasta gamma di attività, che la configurano come il centro servizi del Gruppo Ferrovie dello Stato. Una società nata per gestire il patrimonio immobiliare si trasforma così in una delle maggiori società di servizi italiane, che si occupa, oltre all’attività originaria, di servizi amministrativi, di facility&building management, informatica, formazione e acquisti di gruppo. Nel 2003 l’evoluzione coinvolge anche il nome della società, che diventa Ferservizi.
Anche in questo caso si tratta di una società del Gruppo che lavora solo per il Gruppo, addirittura in concorrenza con Ferrovie real estate: un capolavoro. Ferservizi dispone infatti di una struttura dedicata per la gestione e la manutenzione del patrimonio immobiliare per ottimizzare l’efficienza degli immobili e preservarne il valore, esattamente la stessa missione di Fre.
E, trattandosi di ferrovie, giustamente non poteva mancare la Sita, società appartenente al Gruppo Ferrovie dello Stato, con una direzione generale a Firenze, e strutturata in sei direzioni regionali (Basilicata, Campania, Lazio, Puglia, Toscana, Veneto).
Nata a Torino nel 1912 su iniziativa della FIAT, ed entrata nell’orbita delle FS nel 1993, la Sita si occupa di trasporto pubblico locale, urbano e interurbano con i collegamenti a lungo raggio (prevalentemente collegamenti intercity dall’Italia meridionale città del centro/nord e viceversa), ed arriva anche in molti paesi europei ed extraeuropei (Francia, Belgio, Lussemburgo, Germania, Austria, Croazia, Slovacchia, Slovenia, Romania, Bulgaria, Lituania, Lettonia, Ucraina e Marocco).
Effettua inoltre servizi di noleggio di autobus con conducente, servizi turistici di navigazione, servizi di trasporto vetro, e gestisce direttamente 3 agenzie di viaggi a Padova (Classitalia), Firenze (Centralsita) e Martina Franca (Meridionalsita). Insomma, fa concorrenza alla sua capogruppo.
Tra le altre imprese controllate dal Gruppo Ferrovie dello Stato ci sono inoltre Italcontainer, Omnia express, Omnia logistica, Serfer, Ecolog passaggi (perdite nell’esercizio 2005 di 236.000 euro), Ferport, Ferport Napoli, FS cargo, Cargo chemical, Tx logistik (passivo 2005 di 5 milioni e 613mila euro). L’elenco delle collegate vanta Cisalpino, Italcertifer, Artesia, Sodai Italia, Wisco, Tilo, Hannibal, mentre, tra le collegate, oltre alle succitate, si trova anche la FS Lab. Tra le imprese consociate, oltre alla Sita ed alla Tav, risulta anche la meno nota Sogin. Poi ci sono le collegate di controllate: Alpe Adria, Cemat, East rail, Pol rail, Sideuropa e Sinter inland terminal.
Con la moltiplicazione delle società operative – spesso in concorrenza tra di loro – le Ferrovie dello Stato hanno moltiplicato presidenti, consiglieri, amministratori delegati, direttori generali e revisori dei conti, oltre alle decine di sigle sindacali, ogniuna delle quali indice scioperi che possono paralizzare l’attività delle ferrovie (a turno, il personale di Trenitalia, di Rfi, o di una delle altre società operative fondamentali, come Grandi stazioni, possono proclamare lo scipero, bloccando il servizio, e creando grave disagio agli utenti).
Guardando i bilanci della holding, delle contollate e delle partecipate, si scopre che i fatturati di alcuni enti sono generati esclusivamente da servizi verso altre società del Gruppo, in una girandola di crediti di fatto inesigibili.
Con questi risultati, il compensation committee delle Ferrovie dello Stato, incaricato di definire le politiche retributive del top management del Gruppo, ha deliberato 7 milioni di euro di buonuscita per il presidente e amministratore delegato Elio Catania, componente dello stesso comitato (il suo predecessore, Giancarlo Cimoli, si era fermato poco oltre i oltre 6 milioni).
Lo stesso Cimoli, nonostante i disastrosi risultati della sua gestione a capo delle Ferrovie dello Stato, è stato chiamato a pilotare verso il risanamento Alitalia (impresa impossibile, vista la drammatica situazione in cui versa la nostra compagnia di bandiera), e avrà una buonuscita di 8 milioni di euro.
Anzichè garantire la pulizia e la puntualità dei treni, i dirigenti delle Ferrovie dello Stato si preoccupano solo di moltiplicare le poltone ed i loro stipendi d’oro, mentre i convogli continuano ad accumulare ritardi abissali (gli Eurostar superano spesso le mezz’ora di ritardo - e talvolta addiritura i sessanta minuti - mentre i ritardi dei treni regionali segnano anche ritardi che portano il treno successivo a precedere quello seguente).
Siamo riusciti a far funzionare persino le poste, ma per le ferrovie non c’è stato niente da fare, come per Alitalia. Il nostro Paese sconta, ancora una volta, la fragilità dell’intero sistema delle infrastrutture e dei trasporti, comparto strategico per sostenere lo sviluppo economico.
Per portare le Poste in attivo, e garantire la consegna di una lettera entro 24 ore – cosa impensabile fino a pochi anni fa – c’è voluto un manager capace e competente come Corrado Passera, silurato dal precedente governo per far posto a Massimo Sarmi. Così i migliori se ne vanno, e, ai vertici delle più importanti aziende dello Stato, si avvicenda uno stuolo di manager incapaci quanto costosi.

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