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Data di pubblicazione:04/06/2007
Fonte:La Stampa edizione di Alessandria
Titolo dell’articolo:In abbandono le stazioni fra Alessandria e Ovada
Testo dell’articolo:Appaiono degradate e fatiscenti le stazioni della linea Ovada-Alessandria, frequentate da oltre 30 mezzi (tra pullman e treni) al giorno, carichi di studenti e pendolari. Dalle Ferrovie sostengono che c’è una proposta a Comuni e associazioni di prenderle in gestione per trasformarle in ambienti accoglienti. Ma le pratiche sono lunghe e richiedono tempo per concretizzarsi. «Nessun abbandono - dicono ancora alle Ferrovie-: ci si è solo concentrati di più sullo sviluppo delle tecnologie».

Le stazioni “far west”
OVADA - La fontanella arrugginita recrimina acqua. Un fazzoletto d’erba essiccata è conteso tra un piccione morto e un papavero. «Lasciate ogni speranza o voi che attraversate» ha scritto un graffitaro sull’asfalto tra i binari. La pensilina è una cuccia per barboni: a terra ci sono brandelli di coperte e cartoni, di notte lì ci dorme un ragazzotto che di giorno si guadagna da vivere vendendo i fiori, raccontano alcuni pendolari. È la stazione di Castellazzo Bormida, ma potrebbe tranquillamente essere quella di un paese del Far West, uscito da un film di Sergio Leone. Un cocktail di degrado e fatiscenza, ecco il leit motiv che unisce le stazioni della linea Ovada-Alessandria, frequentate da oltre 30 mezzi (tra pullman e treni) al giorno, saturi di studenti e pendolari.
Ovada Nord, alla periferia della città, in località Borgo, è un edificio austero, muri scrostati e porte chiuse da lucchetti e serrande arrugginite. Su un palo è incollato un adesivo che reclamizza un sistema efficace per la disinfestazione topi. Strategie di marketing. La stessa pubblicità si trova alla stazione di San Giacomo, abitata da gechi e sudiciume. La sala d’attesa è un cubo di plexiglas a cui sono state strappate le vetrate protettive e la ruggine ha brunito l’accesso girevole. Due minuti e il treno ferma a Rocca: se potesse parlare quel cane di pietra, messo lì come una sfinge all’ingresso della stazione, ricorderebbe malinconico il passato, quando a fargli compagnia c’era il capostazione e un giardino curato. Oggi resiste solo un cespuglio di rose.
Il detto del «bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto» insegna che la vita è una questione di prospettive, tutto dipende da come la si guarda. In quest’ottica la stazioncina di Riosecco è quasi poetica, così minuta, dipinta di rosa confetto e avvolta nella sterpaglia smeraldina in tinta con le persiane di legno. Location ideale per un romanzo struggente (se il bicchiere è mezzo pieno) o set da Oscar per un film dell’orrore (quando è mezzo vuoto). Riosecco è abbandonata da anni.
La stazione di Predosa non è quella di Montecarlo, ma lo stabile è dignitoso, pulito e ben tenuto, malgrado le porte sbarrate, i bagni inaccessibili e una baraccopoli a due passi. Castellazzo-Casalcermelli è peggio: muri imbrattati, vetri anneriti dallo sporco, che lasciano intravedere sedie all’aria e manifesti strappati. A due passi, una porzione della stessa stazione è stata affidata agli alpini: lì il prato è tenuto all’inglese, c’è un’aiuola ordinata, ci sono i fiori e i bidoncini per la raccolta differenziata. Commentano dalle Ferrovie: «Stiamo proponendo ai Comuni, alle associazioni locali di prendere in gestione, attraverso il sistema del comodato d’uso, queste stazioni di campagna per trasformarle in ambienti accoglienti. Sono pratiche lunghe che richiedono tempo per concretizzarsi. L’abbandono delle stazioni non è dovuto a un disfattismo fine a se stesso, ma piuttosto allo sviluppo delle tecnologie che rendono il sistema ferroviario più sicuro ed efficiente». Di fatto all’interno dei locali ci sono strumenti sofisticati che i tecnici si premurano di monitorare con costanza e puntualità. Ma non basta. Alfio Zorzan, presidente pendolari dell’Acquese, interpellato sullo stato delle stazioni della provincia aveva espresso la necessità di intervenire al più presto, proprio sul tratto della linea Ovada-Alessandria, per evitare che questi angoli periferici si trasformino in pericolose terre di nessuno. «L’amministrazione precedente aveva già preso accordi con le Ferrovie per affidare la nostra stazione a un paio di associazioni» precisa Domenico Ravetti, sindaco di Castellazzo. A Ovada invece «Per ora non se ne parla. Non c’è in programma nessuna acquisizione - spiega il vicesindaco Francesco Piana -. Prima di arrivare a destinazione i pendolari hanno ancora una fermata: Castelspina. «Qui fermano solo gli autobus, per i treni sarebbe troppo pericoloso - dice un tecnico che sta lavorando sui binari». Come dargli torto. Avvicinarsi alla stazione è un parallelepipedo di cemento: impossibile avvicinarsi, una catena impedisce l’accesso. Ma anche volendo, non ci sarebbe proprio nulla da vedere, le finestre e le porte sono state tappate da muri di mattoni. Un passeggero scherza: «Sembra di stare in un film: “Al confine della realtà”».

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