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Data di pubblicazione:10/10/2007
Fonte:La Stampa edizione di Asti
Titolo dell’articolo:Cantarana: ferrovia negata a ditta di legnami
Testo dell’articolo:Prima nel Cuneese, ora nell’Astigiano, quasi come se le Ferrovie dello Stato rivolessero indietro i propri raccordi, quelli «dati in prestito» alle aziende del territorio per commerciare su rotaia.
Dopo la «Diageo» di Santa Vittoria d’Alba, ex Cinzano, ora tocca alla «Fratelli Barosso» di Cantarana. Commercia legname con la Francia e il 6 settembre riceve una lettera. L’intestazione è quella della Rete ferroviaria italiana e nelle prime due righe si legge: «Raccordo ferroviario in stazione Villafranca-Cantarana. Risoluzione del contratto». Due righe che preoccupano, perché proprio per usare la ferrovia, la ditta di Federico e Roberto Barosso nel 2000 si è spostata da Viale, dov’è nata, a Cantarana, comprando un terreno accanto alla piccola stazione di Villafranca.
«Un processo lungo - racconta Federico Barosso - il raccordo ferroviario è nato nel 1994, ma noi per trasferirci abbiamo dovuto aspettare che l’area passasse da agricola a industriale». E hanno anche investito un bel po’ di soldi per costruirsi a proprie spese i binari che deviano dalla stazione verso lo stabilimento, 400 metri per un miliardo e 800 milioni delle vecchie lire che, secondo la lettera inviata dalle Ferrovie dello stato, tra 45 giorni non potranno più utilizzare.
Le motivazioni, secondo loro, non reggono: «Dicono che non abbiamo raggiunto il limite minimo di traffico previsti dal contratto». Federico e Roberto Barosso sono perplessi: «Ma come, siamo noi a chiedere di poter fare più viaggi, ci è sempre stato risposto che non c’erano abbastanza vagoni, e ora ci dicono che non usiamo abbastanza il servizio. Non ha senso». I vagoni sono quelli usati per il carbone, perché i container «da legno» in Italia non ci sono. In più, visto che la società ferroviaria sottolinea di non essere intenzionata ad acquistare i binari realizzati dalla «Barosso», chiede all’azienda di rimuovere la deviazione a proprie spese. «E’ assurdo, se vogliono che facciamo più viaggi, noi siamo in grado di farne anche il doppio». Ogni viaggio per la Francia costa circa mille euro a vagone e ne partono una cinquantina al mese, con circa 1600 tonnellate di legname. «In pratica - dice Roberto Barosso - l’equivalente di 800 camion sulle nostre strade, che costano meno, ma pensate all’impatto ambientale».
Se le ferrovie concedessero i vagoni, l’azienda di Cantarana potrebbe trasportare fino a 1500 tonnellate a settimana. Spiegano anche che il loro contratto è stato appena rinnovato dalle stesse Ferrovie, e scadrà nel 2014. «È un’altra cosa curiosa» dicono, e per ora si mettono nelle mani degli avvocati. Lunedì, invece, in azienda ci sarà un incontro tra ferrovie francesi e italiane, convocato da mesi per parlare di un possibile aumento di traffico. «Chissà - si chiede Francesco Barosso - se i funzionari sono già al corrente della lettera che abbiamo ricevuto».


Il precedente: S. Vittoria d’Alba analoga querelle con accordo finale
La storia della «Fratelli Barosso» di Cantarana ha precedenti illustri. Nei mesi scorsi una forte protesta si è levata da Santa Vittoria d’Alba, sede della «Diageo», ex marchio Cinzano, tra i primi imbottigliatori d’Italia, con un fatturato da 15 miliardi di euro. Da cento anni utilizzava uno scalo ferroviario interno (sulla linea Alba-Bra) per trasportare in tutta Europa le proprie bottiglie. Poi una lettera dal Gruppo Ferrovie dello Stato che comunicava l’intenzione di non rinnovare il contratto. Per far fronte a un problema che avrebbe causato, se non risolto, un transito sulle strade della zona da almeno 2 mila Tir all’anno per sostituire i vagoni ferroviari, si è mossa anche la Provincia di Cuneo. A fine settembre la buona notizia: le Ferrovie hanno accordato un rinnovo per altri 9 anni.


“Con il Comune siamo pronti a mobilitarci”

Si indigna Vincenzo Gerbi, sindaco di Cantarana. Saputa la notizia, pensa ai camion che viaggeranno sulle strade della Valtriversa per sostituire i vagoni ferroviari che ora permettono alla segheria «Barosso» di lavorare. Docente universitario di tecnologie alimentari, esperto di enologia, si trova a fare i conti con una politica molto lontana dalla sua.

Se le Ferrovie dello Stato dovessero sospendere il contratto alla «Barosso», quali potrebbero essere le conseguenze?
«Il risultato è un traffico di camion molto pesante sulle nostre strade, senza contare che quell’azienda da Viale si era spostata a Cantarana proprio per essere più vicina alla ferrovia, facendo seri investimenti. Parafrasando De Andrè, le ferrovie viaggiano in senso opposto al nostro».

In senso opposto rispetto alle politiche ambientali?
«Rispetto a tutto. In primo luogo al nostro tentativo di fare sviluppo con il minore impatto ambientale possibile. E i treni, come mezzo di trasporto, hanno un impatto bassissimo».

E poi?
«E poi la Rfi, la rete ferroviaria, si lamenta che le aziende non si servono abbastanza del trasporto su rotaia. Con questi comportamenti non fa altro che contraddirsi. E’ ridicolo».

Prenderete posizione come Comune di Cantarana?
«Certo, ci stiamo già muovendo, innanzi tutto per una questione di solidarietà nei confronti di una famiglia che ha scelto di investire i risparmi di una vita per rilocalizzare un’azienda, scegliendo anche un sistema di trasporto più costoso, ma con impatto ambientale minore».

Coinvolgerete anche altre istituzioni?
«Ho già parlato con il vice presidente della Provincia Giorgio Musso, e in Regione con il consigliere Mariangela Cotto. Pensi che la Provincia di Asti ha approvato un Piano territoriale integrato basato sul recupero delle stazioni ferroviarie a fini logistici. Evidentemente le Ferrovie dello Stato non sono molto d’accordo».

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