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Data di pubblicazione:17/12/2007
Fonte:La Stampa
Titolo dell’articolo:“Io, 14 ore in trappola, nell’inferno Eurostar”
Testo dell’articolo:TORINO - Quattordici ore da Capua a Roma (duecento chilometri), in gran parte passate fermi, in un Eurostar gelido, senza cibo e soprattutto senza notizie. È il nuovo record di disservizio delle nostre Ferrovie, fatto registrare tra le 17 di sabato e le 7 di ieri. E la neve non c’entra, solo un guasto. Una situazione mal gestita che ha portato all’esasperazione i 450 passeggeri del Lecce-Roma (partito a mezzogiorno dal Salento) 250 dei quali hanno firmato per promuovere un’azione legale collettiva. La risposta delle FS è quella usuale: abbiamo fatto il possibile. Evidentemente non bastava.

I testimoni
Paolo Verri, torinese, direttore delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità, racconta l’incubo. «All’imbrunire il treno passa un ponte, in campagna, e rallenta. Non nevica, anzi ogni pericolo di maltempo sembra superato. L’Etr dà uno strattone, poi muore. La voce del capotreno avvisa che per un guasto dovremo aspettare 45 minuti. Nella carrozza ristorante hanno finito tutto. Non succede niente, nessuno dice più nulla. Fuori è buio, i bambini hanno fame. Sale l’ansia, non ci sono informazioni, i bagni sono ormai inutilizzabili, le porte chiuse, il freddo avanza. Ecco finalmente un locomotore. Ci aggancia, tenta di trainarci. Invano. Arriva un altro mezzo, stavolta tenta di spingerci. Peggio di prima. Giovani ingegneri cercano di dare spiegazioni. I ferrovieri passano uno dietro l’altro incollati ai telefonini. «A mezzanotte spunta un altro treno. Veniamo fatti scendere in fila, i bimbi svegli portano le loro valigie, fa molto freddo, la Protezione civile è fatta di cinque volontari di Aversa. Saliamo su un altro Eurostar, torniamo al ponte maledetto e di nuovo si ferma tutto. C’è chi vuole scendere, e chi chiama invano il 113. Ci mettiamo a inseguire il capotreno, a spiegargli che non c’entrano più ritardi e appuntamenti, adesso è in gioco la salute di molta gente, ci saranno pure dei pullmann che possono arrivare da Caserta. Una mamma abbracciata a un neonato scende, mettono in testa al piccolo un berretto da adulto. Arriva un altro treno, più vecchio. Sono le tre, non siamo più sul ponte ma a Capua stazione, portano tè e coperte e cambiamo di nuovo. Questo almeno è caldo, molti si addormentano appena seduti. Si parte via Cassino. Alle 7 passano a chiamarci, finalmente Roma» Elena Zazzeri, avvocatessa fiorentina: «Ci hanno lasciati soli, hanno risposto per telefono che la Protezione civile era stata allertata ma che era troppo pericoloso arrivare sul luogo». Claudia Aldi, giornalista a Roma: «Ho avvertito la sensazione di vuoto assoluto, faceva un freddo incredibile, sembravamo dei deportati. Io ora ho la febbre». È lei che ha raccolto le firme per la class action, condivisa dall’organizzazione dei consumatori Codacons: una causa collettiva di richiesta danni alle Fs .

La spiegazione
La fornisce Mauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie. «Questo treno, purtroppo, quando è arrivato all’innesto con la linea ad alta velocità non è riuscito a commutare col sistema tecnologico Tav. Siamo intervenuti con difficoltà operative in un freddo cane nel quale la gente aveva problemi a lavorare. Ci sono stati errori, certamente, perchè un treno non si deve mai fermare, ma abbiamo cercato di fare il nostro meglio». E giungono i contentini: «A Termini abbiamo pagato il viaggio aereo a chi lo aveva perso, come due passeggeri che erano diretti in Sardegna, e il taxi a chi ce l’ha chiesto. Poi abbiamo rimborsato i biglietti al 100 per cento». Verri era già ripartito di corsa per prendere un aereo per Torino, ora dice che non mancherà di chiedere il rimborso. E come lui tanti altri che una volta a Roma avevano solo voglia di scappare da quell’inferno. E non certo di accalcarsi allo sportello per riavere i soldi.

I soccorsi
E la Protezione civile? «Siamo stati avvisati alle 21, quattro ore dopo il blocco», spiega il suo capo, Guido Bertolaso, che aggiunge: «Evidentemente è stata considerata una situazione di disagio, non di pericolo». La curiosità nasce spontanea: che bisogna fare, nel 2007, per essere in pericolo, se non altro di raffreddore, su un treno?

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