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Data di pubblicazione:21/05/2008
Fonte:Istituto Bruno Leoni
Titolo dell’articolo:Una realtà scomoda: la concorrenza sleale di Trenitalia Cargo
Testo dell’articolo:Vincoli all’ingresso di nuovi operatori ferroviari in Italia
Secondo il Rail Liberalisation Index 2007, un autorevole studio condotto dall’IBM Global Business Services1 che coinvolge tutti i Paesi dell’Unione Europea, oltre che la Svizzera, le Ferrovie Italiane si presentano nel panorama con un tasso di liberalizzazione insufficiente.
Questo studio, effettuato già nel 2001 e nel 2004, oltre a sottolineare il fondamentale ruolo del trasporto su ferro per l’economia dei paesi dell’Unione Europea, pone a confronto le varie realtà ferroviarie comparandone l’efficienza, riunendo i vari paesi in tre gruppi distinti:
  • i paesi che stanno realmente attuando una liberalizzazione del mercato delle tracce ferroviarie (“on schedule”);
  • quelli che per molteplici motivi ne stanno posticipando gli effetti (“delayed”);
  • paesi, in maggioranza appena entrati nell’Unione Europea, nei quali questo processo sta per avere inizio.
L’IBM Global Business Services pone l’Italia tra gli Stati che hanno iniziato la liberalizzazione delle ferrovie, e nel 2004 la inseriva nel gruppo dei paesi virtuosi, forte dell’allora recente D.p.r. 188/2003; allo stato attuale il suddetto rapporto rileva che l’Italia naviga nel secondo gruppo, visto che l’accesso degli operatori ferroviari al nostro mercato è “vincolato da norme burocratiche pressoché incomprensibili”.
Pur essendo uno tra i paesi che sulla carta ha posto le basi legislative per separare il gestore dell’infrastruttura da quello dei convogli, di fatto questo processo non è avvenuto.
La gestione dell’infrastruttura è appannaggio dall’anno 2000 di Rfi, unico soggetto che assegna le tracce di orario sull’intera rete appartenente al gruppo Ferrovie dello Stato.
Sostanzialmente, l’Italia ha fatto un passo indietro, o, meglio, a causa del suo immobilismo è stata surclassata da altri paesi (Germania, Austria, Danimarca e Svezia, per non parlare del caso particolare del Regno Unito) nella realizzazione della liberalizzazione ferroviaria.
Le divisioni di Trenitalia, sia Cargo che Passeggeri, sono due soggetti di diritto separati, ma che hanno un bilancio comune che negli ultimi cinque anni ha registrato perdite consistenti, trascinando il gruppo Ferrovie dello Stato quasi alla bancarotta.
L’Ufficio regolamentazione del servizio ferroviario (Ursf) è preposto alla tutela della concorrenza nel settore dei trasporti ferroviari, per quanto riguarda gli ambiti del trasporto merci e passeggeri a lunga percorrenza.
Tale organo sottolinea il fatto che l’Italia sia stata sanzionata dall’Unione Europea per non aver attuato la Direttiva 2004/51/CE nei tempi previsti.
Lo studio dell’IBM Global Business Services pone, poi, l’accento sul fatto che nel nostro paese il settore dei convogli passeggeri a lunga percorrenza appaia liberalizzato anche al di sopra delle prescrizioni Europee che fanno capo alla Direttiva 91/4404.
Nel settore strategico del trasporto merci, in Italia si ha un quasi monopolio di Trenitalia Cargo: ciò è dovuto al fatto che nel nostro paese vi sono dei vincoli burocratici che lo studio IBM definisce discriminatory: il Cesifer impone la certificazione dei nuovi rotabili e l’omologazione del materiale è appannaggio del produttore, che deve sostenere elevati costi per far effettuare prove e sostenere bassi indici di prestazione. Lo studio dell’IBM rileva come Trenitalia sia, poi, in regime di monopolio per la fornitura dell’energia elettrica e del gasolio per le locomotive anche agli operatori concorrenti, e come i treni delle altre imprese ferroviarie (IF) siano discriminati nell’assegnazione di tracce all’ingresso degli scali merci.

Un dato allarmante: Trenitalia fa Dumping alle IF concorrenti?
Oltre a quanto enumerato precedentemente, le Imprese Ferroviarie che si affacciano sul mercato del trasporto merci italiano incorrono in un ulteriore problema: i costi di produzione che lievitano e la concorrenza sleale di Trenitalia Cargo.
Nonostante la tanto agognata apertura ad operatori esteri, il trasporto merci interno è ancora di fatto sotto il controllo di Trenitalia Cargo, visto che le IF che si sono affacciate sul nostro mercato operano prevalentemente servizi transfrontalieri.
La principale ragione è costituita dalla la politica tariffaria che Trenitalia Cargo pratica, forte della sua posizione di monopolio.
I treni merci gestiti dal principale operatore nazionale sono offerti alle imprese ad un prezzo oscillante tra 7 e 8 euro per treno–chilometri, mentre le imprese ferroviarie private, come Rail Traction Company, Sbb Cargo, NordCargo, ecc. richiedono una cifra pari a 11 euro a parità di condizioni. Tuttavia, sul fronte dei costi di produzione c’è una netta differenza tra TI Cargo e gli operatori privati.
I costi di produzione dei privati si attestano tra i 9 e gli 11 euro per treni-chilometri, mentre quelli che sostiene Trenitalia Cargo sono pari a 18 euro a parità di condizioni.
Questa situazione merita delle considerazioni importanti sull’operato di Trenitalia Cargo:
Trenitalia Dgol (Direzione generale operativa logistica, che ha sostituito la vecchia divisione Cargo) è una organizzazione inefficiente, che a seguito dell’apertura del mercato agli operatori ferroviari sfrutta la propria posizione dominante per praticare prezzi inferiori alla concorrenza privata;
Trenitalia si basa, nella propria prassi operativa, anche sugli elevati finanziamenti statali che giungono al gruppo, che ha bilanci comuni tra le Divisioni passeggeri e Cargo. Forte di questa posizione, l’IF più grande usufruisce di elevati finanziamenti destinati alle divisioni per il trasporto di passeggeri e per il trasporto regionale.
Cospicui finanziamenti derivano dai contratti di servizio regionali e costituiscono una significativa parte degli introiti del gruppo.
Questa situazione pone Trenitalia Dgol nella condizione di poter usufruire anch’essa in maniera indiretta di tali soldi statali e regionali.
Trenitalia applica un contratto per i propri lavoratori che ha condizioni molto più agevolate rispetto a quello delle altre IF, minimizzando l’efficienza di ogni singolo lavoratore.
Se le IF private applicano il contratto collettivo nazionale della categoria Autoferrotranvieri in versione “base”, TI ne applica una versione molto più carica di agevolazioni.
I suoi dipendenti, infatti, hanno delle indennità superiori del 20 per cento rispetto ai corrispondenti che lavorano nel privato ed usufruiscono di un quantitativo di ferie pari al doppio esatto del contratto base.
Trenitalia utilizza materiale rotabile vecchio e quindi soggetto maggiormente a guasti. L’età media delle locomotive di TI Dgol è di 24,9 anni, mentre quella media delle macchine Rtc, impresa privata molto attiva, è di 4,2 e tenderà a scendere con nuovi arrivi di macchine in leasing.
La vetustà del materiale è fonte di spese molto alte per la riparazione e la manutenzione dei treni, e ad oggi non è previsto che il maggiore operatore merci nazionale acquisti nuove macchine per la trazione dei suoi convogli, ma è prassi consolidata che siano rilevate vecchie locomotive utilizzate un tempo per la trazione di treni passeggeri, non ricorrendo nemmeno al leasing di mezzi, divenuto una costante nelle dinamiche operative degli operatori privati, per far fronte alle carenze costanti di locomotive.
La conseguenza più diretta della politica tariffaria dell’operatore cargo nazionale è che, da un lato, per evitare la perdita di clienti, esso vende decisamente sottocosto i propri servizi; dall’altro, proprio a causa dell’equazione “più clienti = più perdite”, TI Cargo si trova a dover chiudere i rapporti con le imprese che movimentano larghi quantitativi di merci.
Quindi, paradossalmente, più Trenitalia movimenta merci, più le sue perdite aumentano.
Questa politica tariffaria dell’operatore monopolista, unita all’immobilismo del gestore dell’infrastruttura RFI che fa capo alla medesima holding, sta portando a gravissime conseguenze per tutta la rete ferroviaria e per il settore del trasporto merci italiano.
Sempre più imprese si rivolgono ad operatori automobilistici, e RFI sta chiudendo uno a uno gli scali merci che, generando traffico, aumentano automaticamente anche le perdite per Trenitalia Cargo.
Le Imprese Ferroviarie private si trovano, quindi, nelle condizioni di non poter rilevare gli scali merci chiusi, in quanto essi vengono rapidamente demoliti per far divenire appetibili terreni edificabili.
Inoltre, il dumping che Trenitalia fa alle altre compagnie grava indirettamente sulle tasche dei contribuenti e dei passeggeri dei servizi a lunga percorrenza, che sono proposti a prezzi sempre più alti proprio per ripianare le perdite del settore della logistica.

Considerazioni conclusive
Nonostante il dumping di Trenitalia, la quota di mercato degli operatori privati, nonostante quanto sopra affermato, cresce ogni anno tra i tre e i quattro punti percentuali grazie anche alla più elevata qualità del servizio.
Per favorire una vera e propria crescita del settore del trasporto merci su ferro, tuttavia, l’unica via percorribile è costituita dalla liberalizzazione, che porta dei benefici anche nei confronti del trasporto su gomma.
È quindi necessaria una serie di misure che liberalizzino di fatto il trasporto merci su ferro, visto che il sopra citato Ursf è privo di poteri reali per rendere cogenti le sue decisioni e numerose imprese non propongono reclami contro TI Cargo proprio per l’inefficienza del suddetto organo.
Occorre, quindi, coercitività nell’applicazione delle sanzioni a chi lavora in regime di concorrenza sleale.
Un esempio importante di come la liberalizzazione possa rendere più appetibile il treno per il trasporto merci è quello tedesco. La Germania, Con 114,6 miliardi di tonnellate/chilometri trasportate nel 2007, la ferrovia ha registrato nel 2007 un nuovo record ed un incremento rispetto all’anno precedente del 7,1 per cento come si evince dai dati dell’Ufficio di Statistica sul traffico merci.
Dal 2003, in effetti, la quota del traffico merci su ferrovia è in costante aumento a scapito della strada. Tra i fattori che hanno consentito questo risultato, la sempre maggiore competitività della ferrovia per effetto della liberalizzazione ma anche l’incremento del costo dei carburanti: il trasporto su ferro è, dal punto di vista energetico, tre volte più efficiente di quello su gomma e ogni aumento del prezzo del gasolio rende ancora più evidente questo divario7. Si pensi che il quantitativo di merci trasportate in più nel 2007 rispetto al 2006 sul suolo tedesco è superiore al quantitativo totale di beni trasportati su ferro nel nostro paese.
In conclusione, non ci resta che affermare su solide basi che il mercato è la scelta vincente per rendere efficiente e più appetibile per le imprese il trasporto di merci su ferro, e una rete ferroviaria efficiente è il simbolo di un Paese civile e avanzato.

Andrea Bozzi è patrocinatore legale presso uno studio di Siena e cultore della materia nella facoltà di Giurisprudenza della medesima città. Per l’Istituto Bruno Leoni ha già pubblicato alcuni lavori sia sui sistemi di risoluzione alternativa delle controversie che su problemi legati ai trasporti.

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