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Data di pubblicazione:07/09/2008
Fonte:La Stampa edizione di Torino
Titolo dell’articolo:Le stazioni impresenziate
Testo dell’articolo:Le Ferrovie le chiamano «stazioni impresenziate». Per i pendolari, che badano al sodo, sono strutture abbandonate al loro destino. Stazioni fantasma, dove il treno si ferma il tempo di caricare e scaricare i passeggeri su un’anonima pensilina prima di riprendere la corsa.
Nessun parcheggio per auto e moto. Niente biglietteria. Niente sala d’attesa. Niente servizi igienici. Altoparlanti muti. Di prendere un caffè o comprare un giornale, sovente non se ne parla. Talora l’unica forma di assistenza alla clientela è rappresentata da un cartello con le informazioni di massima. «Soccorso pubblico di emergenza», titola quello affisso nella stazione di Baldichieri-Tigliole d’Asti: «Al fine di prevenire situazioni di pericolo ed in caso di emergenza telefonare a:». Seguono i numeri, vai a sapere se ancora validi, di Polizia, Carabinieri, Vigili del fuoco, Pronto soccorso. Con buona pace di chi, al netto di eventuali emergenze, si aspettava qualcosa di meglio. La combinazione degli elementi mancanti può variare: stazioni messe in naftalina si alternano ad altre che funzionano a mezzo servizio. Della serie: manca la biglietteria ma sono accessibili la sala d’aspetto, le toilettes o l’edicola.
Resta il fatto che la ritirata di Trenitalia da presidi piccoli o piccolissimi si lascia alle spalle un patrimonio immobiliare esposto alle attenzioni dei vandali. Quel che è peggio, si privano i pendolari, che su queste tratte continuano a fare affidamento nei loro spostamenti quotidiani, di servizi elementari. Basta scorrere le fotografie scattate dai vari Comitati per imbattersi in una carrellata di muri scrostati, bagni fuori uso, vetri rotti, finestre e porte saldate per evitare le incursioni dei teppisti. Invano.
Il fenomeno non è una prerogativa della nostro territorio. Su una quarantina di stazioni nel Torinese, parola delle Ferrovie, dieci sono «fantasma»: da Villastellone a Piscina, da Airasca a Rosta... Il che non consola i pendolari, critici verso l’azienda ma anche verso la Regione. «È una delle tante che hanno permesso alle Ferrovie di abbandonare e sigillare con catene e lucchetti piccole ma importanti stazioni», spiega Cesare Carbonari, leader del Comitato della Torino-Milano.
Le Ferrovie replicano che in parecchi casi è già accaduto quello che i pendolari si aspettano: 80 stazioni sono già state cedute in comodato gratuito per 5-10 anni ai Comuni, in altri 30 casi la trattativa per l’affidamento ad enti locali ed associazioni è in corso. Il che implica la possibilità di usufruire di parte degli edifici a patto di farsi carico della piccola manutenzione, della pulizia e dell’apertura della sala d’attesa in alcune ore. Il discorso vale anche per i vecchi ed ormai inutilizzati scali-merci, adibiti a parcheggi o utilizzata come deposito di materiali da parte di imprese e società. Anche così, il riscatto di molte stazioni, si scontra con la scarsa vocazione commerciale dei paesi che rappresentano e soprattutto con la carenza di risorse economiche da parte degli enti locali. Vale per i Comuni. Idem per la Regione. «Trattandosi di un patrimonio realizzato con capitale pubblico, il problema si risolve solo con una decisione politica da parte del Governo - spiega l’assessore Daniele Borioli (Trasporti) -: noi possiamo anche cofinanziare alcuni interventi, ma l’azionista di riferimento, cioè lo Stato, deve fare la sua parte. Temo si stia andando nella direzione opposta: oggi la vera priorità è offrire ai pendolari treni decenti».


4 domande a Cesare Carbonari Comitato To-Mi
«È un vero peccato, prima che un’ingiustizia. In tutta questa storia sono in parecchi ad avere la loro parte di responsabilità». Cesare Carbonari, leader del Comitato spontaneo dei pendolari sulla Torino-Milano, battaglia da tempo per convincere i suoi interlocutori - Ferrovie, Regione, Comuni - ad affrontare la questione delle stazioni-fantasma: uno dei problemi meno noti sul fronte del disagio ferroviario.

Amareggiato?
«Sì perché non vedo una soluzione. Dopo le segnalazioni degli ispettori e le denunce dei passeggeri, su alcune di queste strutture, come quella di Baldichieri-Tigliole, le Ferrovie si sono limitate a togliere i vetri infranti dai vandali, saldando sulla porta d’ingresso della sala d’attesa una spessa lamiera».

Una resa senza condizioni...
«È solo uno dei tanti esempi di degrado di presìdi dove ogni giorno lavoratori e studenti attendono l’arrivo del loro treno: un servizio pubblico pagato con il denaro dei contribuenti e che non fa certo onore. Né alle Ferrovie né all’immagine, anche turistica, del Piemonte».

Problema di vecchia data. Al riguardo non c’era stata una proposta di legge in Regione?
«È vero. Nel 2006 il problema era approdato in Consiglio regionale sotto forma di una proposta di legge mai andata in porto».

E adesso? Continuerete nella vostra battaglia?
«Certo. Non credete che tra i diritti dei pendolari ci sia anche quello di poter attendere il treno seduti in una sala d’attesa, magari riscaldata nei giorni invernali?».

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