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Data di pubblicazione:17/01/2009
Fonte:La Stampa
Titolo dell’articolo:“Freccia rotta” a Palermo
Testo dell’articolo:A Xirbi si cambia, ma non stiamo al confine tra Russia e Cina. E, soprattutto, non siamo comodamente seduti sulla poltrona dell’Orient Express. Molto più terra terra ci siamo avventurati sul treno regionale 3891 delle 10,40 che da Catania promette di portarci a Palermo. E Xirbi è la stazione di campagna di Caltanissetta dove, appunto, l’ignaro vaggiatore lascerà la littorina (due vagoni per 56 posti a sedere, il resto si arrangi) conquistata a «Catania centrale» per inoltrarsi nel corridoio di plastica celeste del cosiddetto "Minuetto", altrimenti identificato per treno regionale 12773 con capolinea a Roccapalumba-Alia. Già, perchè i cambi non sono finiti. A Roccapalumba ci attende il «regionale 3939» - una tradotta superaffollata perché raccoglie tutti i pendolari agrigentini e palermitani - che finirà, finalmente, la sua corsa a «Palermo centrale» dopo un «viaggio» di cinque ore, tonde tonde, contro le due e mezzo del pullman. All’alta velocità di 48 chilometri all’ora, senza il conforto di un panino né di un bicchiere d’acqua, perchè le stazioni di cambio col tempo si sono «seccate» abbandonando la gestione dei bar-ristoro e lasciando a malapena la saletta d’attesa senza riscaldamento. Neppure la luce abbagliante della giornata di sole riesce a ripagare la sofferenza dell’incauto cronista. Il bar della stazione centrale di Palermo, il vapore della macchina del caffè e della piastra dei toasts ci riconcilia con la vita. Questo stesso avventuroso viaggio, lunedì prossimo, sarà il simbolo di una protesta premeditata di Giuseppe Castiglione, ex deputato europeo e presidente della Provincia di Catania. L’uomo si metterà alla testa di una drappello di politici, imprenditori, giornalisti e «chi altri voglia», per celebrare l’evento: «Il 14 dicembre 2008 - recita un comunicato della Provincia - è stata inaugurata l’alta velocità di Trenitalia con Freccia Rossa, riducendo il tempo di percorrenza da 105 minuti a 65, della tratta Milano-Bologna. Il 19 gennaio 2009 partirà da Catania "Freccia Rotta", che arriverà alla stazione di Palermo dopo ben 5 ore!!». Nessuno lo dice apertamente, ma la protesta sembra rivolta anche verso la macchina farraginosa della Regione del «dinamico Raffaele Lombardo». «Trenitalia siciliana - spiega Castiglione - mi dice che basterebbe un investimento minimo, diciamo venti milioni non i due miliardi necessari ad un’Alta velocità che senza il Ponte non avrebbe senso, per apportare modifiche capaci di ridurre a poco più di tre ore il tempo di percorrenza che oggi è di cinque. Ma non si capisce perché molte risorse, i fondi strutturali innanzitutto, debbano rimanere fermi a causa di un immobilismo che è anche colpa nostra».
E dunque, il viaggio del dolore. Esattamente quello che il cronista ha compiuto in perfetta solitudine, sconsigliato a farlo persino dal tassista etneo. «Ma scusi, dottore, se va a Palermo perché non prende il pullman e arriva fresco fresco in due ore? Col treno si perde!». Anche l’espressione incredula dell’impiegata alla biglietteria non incentiva l’uso del binario: «Palermo?». «Non me lo consiglia?». «E’ l’unico viaggiatore diretto lì: undici euro e sessanta, prego». Ma il dito nella piaga lo mette la gentilissima operatrice addetta alle informazioni: «Ferma a Catenanuova, Dittaino, Leonforte, Enna, Villarosa e Xirbi, per il cambio. Non opera la domenica». E dopo Xirbi? Responso in tono professionale: «Villalba, Vallelunga, Valledolmo e Roccapalumba-Alia. Sosta di venti minuti e poi altro treno verso Montemaggiore Belsito, Termini Imerese, Bagheria e Palermo. No, tranne nelle stazioni di cambio non c’è tempo di scendere per un caffè. Ma Xirbi e Roccapalumba non hanno più il bar, le consiglio di portare con sé qualcosa». Tornano alle mente le parole di Andrea Camilleri, nell’intervista a Gaetano Savatteri dedicata proprio alla "Linea di terra": «E’ importante il viaggio in sé. Non l’arrivo. Si arriva quando vuole Dio. L’importante è adattarsi al viaggio, reggerlo, reagire al viaggio». La ragazza, studentessa pendolare, che dorme spalmata su due sedili forse non conosce i ricordi giovanili di Camilleri, ma sembra prendere alla lettera l’invito ad adattarsi al viaggio. La littorina arranca tra Bicocca e Sferro, fischia come un malato d’asma dopo aver lasciato il mare a sinistra e una fila di palme tristi, svuotate dal punteruolo rosso, piaga d’Egitto e, adesso, anche del Sud d’Europa. Ed eccola, Xirbi: si intuisce che deve essere stato uno snodo vero. Oggi è una spelonca disabitata. Dice l’unico ferroviere presente: «Una volta eravamo più di trenta. Oggi il capotreno deve fare tutto e, nelle soste per dare precedenza ad altre linee, scende e blocca manualmente il segnale acustico, risale e attende. Certo, lo so che non è grazioso aspettare quaranta minuti al freddo». Ma chi usa questo treno? «Gli studenti, soprattutto e i pendolari». Interviene un ragazzo che si toglie le cuffie della musica e annuncia: «Io prendo il treno solo perché sono figlio di ferroviere e non pago». Annuisce la studentessa bionda che, al cellulare, cerca disperatamente di farsi prendere dal fidanzato al bar Di Maggio di Enna. Non è più allegra la sosta a Roccapalumba, dove quattro africani cercano la strada per l’ufficio di polizia che dovrà rilasciare il ticket, il permesso. Cambia il paesaggio e cambiano i tipi. Giovanni è un ragazzo che sogna quattromila euro per un master in Botanica. Non riusciamo a decidere se è peggio il grigio-forfora dei sedili improvvidamente celesti del «Minuetto» o il fragore della porta scorrevole (divelta) della tradotta verso Palermo. Giovanni ripassa la lezione e indica le piantagioni di carciofi di Cerda, i cavoli e il finocchietto profumatissimo. Ecco il mare, bellissimo, osservato da un vecchio pensoso e diffidente. Ricorda il don Camillo Picataggi di Sciascia che al passaggio del primo treno (1880) a Racalmuto urlò: «Nun mi futtinu: dintra ci su’ i cavaddri (Non mi fregano: dentro ci sono i cavalli)». Ma anche coi cavalli, cinque ore sono davvero troppe.

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