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Data di pubblicazione:03/03/2009
Fonte:Unione Monregalese
Titolo dell’articolo:Bra-Ceva: «Su quei binari rivogliamo il treno!»
Testo dell’articolo:“Ripristinate la ferrovia Bra-Ceva!”. Con questa richiesta, per nulla velata, una quarantina di escursionisti facenti capo al Cai di Ovada si sono ritrovati domenica mattina sul piazzale della vecchia stazione di Mondovì per una singolare iniziativa. Nonostante un cielo uggioso, carico di pioggia e per nulla invitante, il gruppo di Ovada, a cui si sono aggiunti anche alcuni amici dal Monregalese, ha voluto celebrare nel migliore dei modi la “Giornata nazionale delle ferrovie dimenticate”, percorrendo a piedi il vecchio tratto di una delle vie ferrate più antiche del Piemonte. Trenotrekking, ma con un obiettivo ben preciso: riportare sul tavolo la spinosa questione della “Bra-Ceva”, abbandonata al suo destino ormai da quindici anni. E così un’escursione un po’ stravagante ha subito assunto un significato particolare. Armati di macete, torce elettriche, k-way, ombrelli, i quaranta coraggiosi, guidati egregiamente da Andrea e Niccolò, si sono subito lasciati alle spalle il parcheggio di piazza della Repubblica e, imboccato il tunnel sotto viale Einaudi, sono spariti sotto la prima galleria verso Bastia. «Guardi qui in che stato – dice il presidente del Cai di Ovada, Canobbio, spesso a Barolo dove ha una casa – è un disastro. S’immagina, invece, cosa potrebbe significare il ripristino di questa ferrovia per il territorio? Sarebbe un’opportunità, soprattutto nel momento in cui le Langhe si stanno proponendo all’Unesco come patrimonio dell’umanità. È un’occasione da non lasciare sfuggire». Canobbio pensa soprattutto al tratto che da Mondovì, tramite la diramazione per Bastia, raggiunge Carrù e quindi Farigliano, Monchiero, Narzole, Cherasco e Bra. Una quarantina di chilometri di cui gli escursionisti ne percorrono i primi 17, imbattendosi in viadotti, tunnel, passaggi a livello, un vero percorso ad ostacoli coperto di erbacce, rovi, buche, fango e ancora tanta neve. L’arrivo è posto a Carrù, presso la vecchia stazione ormai abbandonata, dove il sindaco Maria Paola Marabotto, da buona padrona di casa, accoglie la comitiva con un piccolo ristoro, facendo decisamente più bella figura rispetto ai “colleghi” di Mondovì e Bastia che non hanno risposto all’appello del Cai di Ovada.
«È una ferrovia che ha tutte le carte in regola per diventare un percorso turistico di richiamo – continua il presidente Canobbio –: attraversa le magiche colline di Langa, può offrire tappe di interesse paesaggistico ed enogastronomico e può contare su un supporto culturale di tutto rispetto, come ad esempio l’Università del Gusto di Pollenzo. E non dimentichiamo il richiamo di Mondovicino, senza pensare a quanto comodo farebbe un collegamento ferroviario diretto tra Cuneo ed Alba». La tesi è semplice: risistemiamo la ferrovia e mettiamoci su un trenino turistico che possa essere utile un po’ a tutti. Già, ma le risorse? «Proprio in questi ultimi mesi si sono fatti passi avanti per far sì che le FS cedano il diritto di proprietà alla Regione ad un prezzo ragionevole: è un accordo importante perché limita i costi. Il progetto finale è la realizzazione di una delle piste ciclabili più importanti d’Italia». A parlare è Marco Botto, attuale presidente Calso, che a novembre, insieme al sindaco di Monchiero, Giovanni Bottino, prese parte ad una riunione con Ferrovie e Regione per risolvere la questione.
«L’importante è chiudere il protocollo d’intesa con le FS – spiega Botto –, poi occorre definire il piano per il capire come finanziare il progetto. La Regione, comunque, è intenzionata ad utilizzare i fondi per l’alluvione del ’94. Il grande intervento è il recupero della tratta, la sua manutenzione e la pista ciclabile servirà anche a non perdere del tutto questo enorme patrimonio».
«La pista ciclabile non convince – conclude però Canobbio –. I fondi per l’alluvione utilizziamoli per recuperare la via ferrata. A tal proposito potremmo anche pensare ad una raccolta firme. In realtà non vogliamo rinunciare al turismo su due ruote, piuttosto, così come avviene nel Nord Europa, muniamo i convogli di un’area riservata alle biciclette e vedrete che gli stranieri arriveranno. Sarà poi il nostro sistema turistico a dover creare un percorso ad hoc, con stazioni accoglienti, vetrine di prodotti tipici e visite a cantine, vigne ed enoteche. Mi creda funzionerà: il modello da seguire è quello delle “Cinque Terre”».

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