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Data di pubblicazione:19/06/2009
Fonte:La Stampa edizione di Torino
Titolo dell’articolo:Convogli lumaca più lenti del 1975
Testo dell’articolo:TORINO - I pendolari del mare lo sanno. Ogni fine settimana sulla Torino-Savona si viaggia annaspando in piedi su carrozze incandescenti. Si accumulano ritardi colossali. E si sfiora la rissa. Trent’anni fa servivano due ore e un quarto per arrivare a Savona, tre e mezzo per spingersi fino a San Remo. Non bastano più: adesso ce ne vogliono due e mezzo per Savona e quasi quattro e mezzo per la città dei fiori. Modernità e tecnologia, anziché spingere il progresso, l’hanno fatto arretrare precipitosamente. I viaggiatori del mare lo sanno bene. Quel che forse non tutti sanno è che il tempo sembra essersi arrestato al 1975. Trentaquattro anni fa. Allora si viaggiava trainati da motrici 646 fabbricate tra il 1961 e il 1967, o dalle 668, costruite dopo il 1971. Nuove di zecca, all’epoca. Peccato che oggi, 2009, a trainare le carrozze dei pendolari a volte siano le stesse motrici di quasi quarant’anni fa, soltanto più scalcagnate, piagate da decenni trascorsi a sferragliare in giro per l’Italia. Milioni di chilometri e acciacchi a non finire.

E allora non è un caso se alla loro veneranda età le motrici sono spesso in officina. E, soprattutto, se i tempi di percorrenza in 35 anni non sono diminuiti. Sono aumentati. Ci è capitato tra le mani un orario ferroviario del 1975. E qui di seguito c’è quel che vi abbiamo trovato. L’alta velocità ha abbattuto i tempi di percorrenza su certe tratte, ma il prezzo da pagare appare alto: il trasporto regionale e interregionale è andato a rotoli. Prendete la Torino-Savona- Ventimiglia: è considerata una linea locale anche se Savona, per il Piemonte, è il porto più vicino e la Riviera di Ponente la meta preferita e più vicina ai piemontesi, almeno per i fine settimana. Eppure su quella tratta ferroviaria sono spariti i rapidi e gli Intercity. Sono rimasti i regionali: sferragliano lenti attraverso l’Appennino ligure, fermano in ogni stazione, costringono i viaggiatori a traversate estenuanti.

Può bastare? No. Arrivare a Bardonecchia nel 1975 era questione di un’ora e un quarto, al massimo una e mezza. Ora, se va bene, si arriva in un’ora. Ma ci sono treni che impiegano un’ora e venti. Più del ‘75. Per non parlare dei collegamenti con la Francia: sulla via Chambery-Lyon sono rimasti appena tre convogli internazionali, ma da Bardonecchia a Modane bisogna scendere e usare l’autobus. Quanto alla galleria del Frejus, è utilizzata solo per tre coppie di treni e qualche merci. E così accade su tutte le altre linee. Per Genova Principe oggi ci vogliono due minuti in più rispetto a 34 anni fa. Per Novara una volta potevano bastare 70 minuti di viaggio, oggi tocca viaggiare anche per 80. Torino-Milano era questione di un’ora e cinquanta minuti, azzeccando la coincidenza a Novara. Adesso non bastano più: si è saliti a un’ora e cinquantacinque. Anche sulla Torino- Pinerolo-Torre Pellice e sulla Torino-Piacenza in molti i casi i tempi sono aumentati.

Possibile? Sì. Il numero di treni è cresciuto, e così i passeggeri e le tratte. Ma non c’è stato un adeguamento delle linee. O, come spiega Bruno Dalla Chiara, professore associato in Trasporti al Politecnico di Torino, «la dilatazione dei tempi può dipendere della linea. Se aumenta il traffico ma i mezzi sono eterogenei possono verificarsi effetti collaterali: non solo i treni più lenti si attardano per far passare i più veloci, ma se c’è un utilizzo intensivo della linea in alcune fasce orarie può prodursi una sorta di imbottigliamento». Forse è così. Ma la mappa ferroviaria di oggi restituisce l’immagine di un’Italia a due velocità. «È un problema ampio, e lo sarà soprattutto nei prossimi anni - dice Dalla Chiara -: l’investimento su nuove tecnologie aumenta il patrimonio dello stato, ma se quello esistente non riceve adeguata manutenzione e aggiornamento si finisce per abbassarlo».

Nel quadretto desolante delle linee torinesi c’è un solo miracolo, perché è così che lo si deve chiamare. È la Torino- Aosta. L’unica tratta su cui è avvenuto quel che tutti si sarebbero aspettati. Là dove servivano tre ore adesso ne sono sufficienti poco più di due. È l’unica nota lieta. Per il resto si dice che il Piemonte sia una delle locomotive dell’economia europea. Però le locomotive, quelle vere, passano un bel po’ di tempo in officina. E corrono sempre di meno.

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